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sabato 4 luglio 2015

LA GRECIA IN GUERRA di Stathis Kouvelakis




LA GRECIA IN GUERRA
di Stathis Kouvelakis




Perché il Primo ministro greco, Alexis Tsipras, ha indetto un referendum?


Anche quando Tsipras ha firmato le ultime proposte presentate alle istituzioni europee, queste hanno voluto sottoporlo a un esercizio di umiliazione chiedendogli di andare ancora oltre, al di là di quanto era per lui politicamente gestibile: era ormai chiaro che il suo stesso partito, la sua maggioranza parlamentare, e una parte crescente della società non erano disposte a fare altre concessioni.



Come si è arrivati a questo punto?


Non ci sono stati negoziati. Il termine è inadeguato per descrivere quello che è successo. Le istituzioni europee hanno mantenuto fin dall’inizio la stessa linea: imporre a Tsipras un piano di austerità, costringerlo a rimanere in un quadro identico a quello dei suoi predecessori, e dimostrare in tal modo che le elezioni in Europa non cambiano niente rispetto alle politiche che vengono seguite, a fortiori [ancor più] quando a vincerle è un partito di sinistra radicale antiausterità,

Quelli che si chiamano negoziati sono stati solo una trappola mortale che si è chiusa su Tsipras. Il suo errore è non averlo capito in tempo. Lui pensava che spingendo la discussione il più avanti possibile gli europei avrebbero finito per risolversi a un compromesso piuttosto che correre il rischio di una rottura. Ma loro non hanno concesso nulla, mentre lui ha perso molto: ha fatto concessioni enormi, l’opinione pubblica si è abituata all’idea che un accordo era possibile, le casse pubbliche sono vuote.



Non ha anche commesso l’errore di credere che poteva ottenere meno austerità pur rimanendo nell’euro?


Io faccio parte della tendenza di Syriza che fin dall’inizio pensa che voler conciliare il rifiuto dell’austerità con il rimanere nella zona euro è contraddittorio. Si è visto che non era possibile da febbraio, quando la Banca centrale europea ha deciso di tagliare il principale mezzo di finanziamento delle banche greche. L’arma monetaria è servita da mezzo di pressione sulla Grecia per costringerla a rinunciare alla sua politica antiausterità.

L’ultimo episodio di questo ricatto è stato quando l’Eurogruppo, rifiutando di prolungare il programma attuale, ha costretto Tsipras a chiudere le banche questa settimana. Lo scopo è politico: prendendo in ostaggio i greci e creando una situazione di panico, in particolare nelle classi medie e agiate, si tratta di costringere il governo a non andare fino al referendum, o di dettare le condizioni del suo svolgimento e di favorire il campo del sì. L’Europa ha dichiarato guerra alla Grecia.



La società greca sembra molto divisa…


Sì, si affrontano due tendenze. Il campo del no si basa su una parte della popolazione molto colpita dall’austerità, che percepisce le pretese della troika come una volontà di umiliare la Grecia. Ma anche il campo del sì, rafforzato dalla paura che suscita la chiusura delle banche, sta raccogliendo le forze. Non c’è dubbio che il referendum è un atto politico coraggioso. Le decisioni importanti sono sempre rischiose. Nel tempo abbiamo dimenticato che la politica in Europa si è svalorizzata.



Quali sono gli scenari possibili dopo il referendum


Una vittoria del sì sarebbe una sconfitta gravissima per Tsipras e lo obbligherebbe sicuramente a indire nuove elezioni. Ma una vittoria del no rafforzerebbe la sua determinazione di fronte alle istituzioni europee, e gli darebbe un mandato diverso da quello del 25 gennaio: ora si tratterebbe di rompere con l’austerità quali che siano le conseguenze – incluso se questo significa uscire dal quadro europeo. Quando ha annunciato che si sarebbe tenuto il referendum, era la prima volta che la parola «euro» non compariva nel suo discorso. Non è un caso.



È l’atto di morte dell’Europa?


Tutto lo svolgimento della crisi greca segna la fine di una certa idea, o piuttosto di un’illusione, sull’Europa. Il suo carattere antidemocratico, che rispetta solo la legge del più forte, il suo neoliberismo che disprezza qualsiasi controllo democratico, sono ormai percepibili per chiunque. Tutti hanno potuto rendersi conto che anche se Syriza ha cercato solo una rottura parziale con le politiche di austerità, una rottura moderata, pragmatica, e senza rimettere in discussione i fondamentali del quadro europeo, lo scontro è stato violentissimo. Semplicemente perché questo governo non era pronto a capitolare di fronte al diktat neoliberista.

Anche se l’Europa arriva a vincere la resistenza dei greci, credo che pagherà un prezzo molto pesante per il suo atteggiamento. Perché la Grecia è solo la punta avanzata della crisi europea: il progetto comunitario è sempre meno sostenuto dalle opinioni pubbliche.


Intervista di Sarah Halifa-Legrand

Da Verso Books 1 luglio 2015 e Le Nouvel Observateur 2 Luglio2015




Stathis Kouvelakis, è membro del comitato centrale di Syriza e professore di filosofia politica al King’s College di Londra. 


La traduzione è di Gigi Viglino


Dal sito Movimento Operaio



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