giovedì 28 ottobre 2010
LO SFRUTTAMENTO DEI MIGRANTI
Pubblichiamo il comunicato del Gruppo Abele dopo lo svolgimento del seminario "Se e vero che non si vuole il lavoro nero...la tratta e il grave sfruttamento sui luoghi di lavoro" svolto a Torino il 18 ottobre scorso.
La situazione dei migranti è gravissima, ma in tutta onestà non credo che la strada sia quella di proclamare fantomatici scioperi generali dei lavoratori in difesa dei sacrosanti diritti degli immigrati come quello del 29 ottobre. Intendiamoci i problemi ci sono: da quelli puramente elementari come la questione della cittadinanza, che vede una legislazione italiana completamente arretrata rispetto agli altri paesi occidentali, fino all'integrazione -ma preferisco il termime rispetto- di altre culture come quella islamica.
Problemi che però non possono però essere risolti con una manifestazione per quanto questo possa essere significativa.
Infatti in questi anni non è mai stato risolto un solo problema inerente all'immigrazione.
La questione della cittadinanza di suolo per esempio è una battaglia che può essere vinta, ma con una mobilitazione che vada al di là del solito corteo. Con raccolte di firme, tavoli, adesioni pubbliche insomma con una mobilitazione veramente attiva.
Anche perchè questa battaglia se non verrà fatta dalla "sinistra" verrà risolta dalla stessa borghesia poichè non vi è niente di rivoluzionario nel dare la cittadinanza di suolo ai bambini che nascono in Italia e oltretutto in fondo gli conviene concederla.
Ora dopo il flop del cosidetto sciopero generale degli immigrati di aprile, fallimento facilmente prevedibile, si è indetto da parte della Sicobas e Cub uno sciopero generale -questa volta dei lavoratori italiani- in difesa dei diritti degli immigrati.
Ovviamente i lavoratori italiani devono battersi anche per la difesa dei lavoratori immigrati i quali è giusto ricordarlo non sono rappresentati dai sindacati.
Ma in questo momento con un sindacato diviso al suo interno, con una grave crisi politica che investe anche la "sinistra" e con una combattività dei lavoratori italiani molto ridotta per usare un
eufemismo mi sembra veramente utopistico e quindi controproducente chiamare ad un fantomatico sciopero generale in difesa degli immigrati.
Stefano Santarelli
Vite in vendita
Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo dilaga in Italia e colpisce soprattuttochi è fragile. Le buone leggi non mancano per tutelare i diritti delle vittime di tratta e sfruttamento, ma è necessaria una migliore applicazione delle norme esistenti.
Giovani, tra i 20 e i 40 anni,in prevalenza uomini senza famiglia al seguito, provenienti da Est Europa, Africa, Cina e America Latina. È l'identikit dei migranti vittime di tratta e sfruttamento a scopo lavorativo in Italia secondo il monitoraggio presentato oggi dall'associazione Gruppo Abele: «La vita delle persone non si vende e non si compra - ha affermato don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione in apertura del seminario- e non può chiamarsi civile una società in cui non si producono le condizioni perché la vita sia rispettata. Lo sfruttamento crea ingiustizia e insicurezza sociale e non può esservi vero benessere per nessuno finché questo poggia anche sulla riduzione dell'altro a strumento di vantaggio per fini economici».
Nel gennaio 2010 la rivolta di Rosarno ha portato alla ribalta della cronaca le condizioni di degrado di molti braccianti agricoli immigrati del sud Italia. Arrivati in Italia per intermediazione di caporali, a cui devono una parte del loro futuro guadagno oltre ad una cifra inizial con cui "comprano" un contratto di lavoro che non verrà mai effettivamente stipulato. Si ritrovano a lavorare per 10-15 ore al giorno percependo un compenso in nero di 20-30 euro per la raccolta di frutta e verdura.
Nessuna misura di sicurezza, nessuna copertura assicurativa, vitto scarso e alloggi sporchi e fatiscenti forniti dallo stesso datore di lavoro, che in questo modo punta a guadagnarsi la "riconoscenza" oltre all'asservimento del lavoratore.
Oltre che nel settore agricolo, più presente al Sud, lo sfruttamento lavorativo colpisce anche nei settori dell'edilizia e della cura delle persone:
«Molte badanti o lavoratrici domestiche - ha spiegato Alessandra D'Angelo dello Sportello Giuridico Inti - percepiscono compensi in linea con i parametri salariali previsti dai contratti italiani, ma vengono pagate in nero, restando così prive del permesso di soggiorno e spesso vivono nella casa presso cui prestano servizio. Anche per loro, come per molti braccianti, perdere il lavoro significa anche perdere la casa in cui vivere».
Invisibili, privi di legami sociali e tutele sanitarie, i migranti sfruttati finiscono spesso per essere intercettati dalle forze dell'ordine ed espulsi come clandestini, perché non vi sono strumenti e competenze sufficienti per riconoscere e assistere le vittime della tratta sul piano lavorativo: «In Italia esiste un sistema normativo riconosciuto a livello internazionale a sostegno delle vittime di tratta che persegue gli sfruttatori - spiega Oliviero Forti per Caritas Immigrazione - Ma le risposte in quest'ambito si sono indirizzate quasi esclusivamente verso la forma più evidente e raggiungibile dello sfruttamento, quello per fini sessuali.
Per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo, a fronte di un dilagare del fenomeno nel nostro Paese non sono stati rivisti e attualizzati gli strumenti giuridici che avrebbero dovuto aiutare le vittime».
L'articolo 18 del Testo Unico per l'Immigrazione prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso si ravvisino condizioni di grave sfruttamento e il pericolo di subire violenza per la vittima o i suoi familiari.
Una norma che consentirebbe ai lavoratori stranieri sfruttati di poter ricostruire un progetto migratorio, eppure, come ha sottolineato l'avvocato dell'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione, Lorenzo Trucco:
«Sono ancora pochi i casi di applicazione dell'articolo18 per persone vittime di sfruttamento lavorativo, perché a differenza dei casi di sfruttamento a fini sessuale, è più difficile dimostrare tramite indagine la presenza del reato di sfruttamento lavorativo».
In pochi denunciano gli sfruttatori, per paura e perché non ravvisano l'utilità che potrebbe scaturire dall'avvio di una vertenza nei confronti dei datori di lavoro: «Nel fare vertenza la persona migrante,a cui pure lo Stato garantisce la tutela in caso di sfruttamento lavorativo - ha sottolineato l'avvocato Marco Paggi (ASGI) - teme di poter essere successivamente espulso e per questo rinuncia ai propri diritti e accetta le condizioni di lavoro dettate dallo sfruttatore. La paura è cresciuta con l'emanazione del cosiddetto pacchetto sicurezza, che prevede l'espulsione obbligatoria degli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno».
«I diritti dei migranti sono sempre più compromessi -ha aggiunto Ornella Obert dello sportello Inti -da una normativa in materia di immigrazione che li confina nella clandestinità».
Le associazioni e gli enti che operano per la tutela delle persone vittime di tratta e sfruttamento lavorativo guardano con fiducia al recepimento della direttiva europea che introduce sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e che apre delle possibilità di regolarizzazione per i lavoratori presenti in modo irregolare sul territorio (direttiva2009/52/CE):
"Con questo ultimo strumento -spiega Paggi - pensato appositamente per lo sfruttamento lavorativo e il lavoro nero, assieme ad una corretta applicazione delle norme vigenti in Italia, la tutela dei diritti dei lavoratori stranieri potrebbe fare un considerevole passo in avanti".
Gruppo Abele
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento