Diari di Cineclub

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giovedì 10 novembre 2011

UN SONDAGGIO SULLE DESTRE POPULISTE EUROPEE




UN SONDAGGIO SULLE DESTRE POPULISTE EUROPEE
di Miguel Martinez


L’istituto inglese Demos ha appena pubblicato The New Face of Digital Populism , il primo studio scientifico sulla “nuova destra” europea in rete. (1)
Lo studio è stato fatto   prendendo i dati di ben 450.000 fan Facebook di 14 organizzazioni “populiste”, dati elaborati usando l‘advertising tool di Facebook.
Dati che Demos ha usato in modo intelligente e anonimo; ma è interessante come in Europa ci siano 450.000 persone abbastanza stupide da

a) sposare idee ritenute estremiste, che in molti casi potrebbero inguaiare chi le professa

b) farsi schedare volontariamente sul Libro dei Ceffi

Inoltre, più di 10.000 di costoro si sono prestate a compilare un questionario dettagliato, con il consenso dei dirigenti delle organizzazioni per cui simpatizzano.
Lo studio risale per la maggior parte a prima della strage di Oslo, e anche dell’ultimo giro della crisi economica.
I ricercatori, finanziati dalla Open Society di Soros, hanno dimostrato una notevole obiettività, evitando ogni demonizzazione.
Il problema sta nella scelta delle domande, tutte fin troppo ovvie.
Noi avremmo aggiunto una marea di domande sulle convinzioni culturali e religiose degli intervistati, su questioni solo apparentemente lontane come quelle di genere o sull’ecologia, per non parlare dello stato sociale e delle privatizzazioni, oppure dell’atteggiamento verso le guerre imperiali di questo decennio e l’adesione alla NATO. Nonché del rapporto con i media televisivi e cartacei.
Sarebbe interessante capire i diversissimi mondi mentali di riferimento dei tifosi calcistici dell’EDL, dei seriosi Bürger berlinesi e degli squatter di Casa Pound.

I risultati più significativi:

- I sostenitori online” sono molto più giovani della media di frequentatori di Facebook, e più spesso maschi [2]

- Sono leggermente più disoccupati della media

- Sono spesso attivamente impegnati: il 67% vota per i “partiti populisti”, il 32% sono formalmente iscritti, il 26% ha preso parte a manifestazioni

- Sono preoccupati per l’immigrazione, e poco interessati a questioni economiche

- I giovani sono più “anti-immigrazione” dei più anziani

- Scarsa fiducia nelle istituzioni europee o nazionali (il 14% si fida dell’Unione Europea, contro una media generale – nemmeno quella troppo alta – del 44%)

- Appena il 30% si fida dei tribunali e della magistratura

E’ interessante notare che i risultati dello studio non tendono a confermare le tesi più diffuse sui movimenti populisti: i lavoratori manuali preoccupati per la crisi economica, oppure il voto di protesta contro i partiti sclerotizzati. Mentre lo studio sembra dare un certo sostegno alle tesi dei ricercatori che sottolineano la prevalenza di fattori culturali su quelli economici nella diffusione di simili movimenti.

Tra i motivi culturali, in particolare nell’Europa settentrionale, la “difesa della civiltà liberale” e delle “democrazie” contro l’islamizzazione assume un’importanza notevole.

Il 17% degli intervistati dichiara di aver aderito a un movimento “populista” per paura dell’immigrazione: le cifre variano dal 36% nel caso dei Democratici Svedesi ad appena l’1% per Casa Pound.

Il 13% è mosso dalla delusione nei partiti tradizionali: qui spiccano, con il 27%, i seguaci di Die Freiheit, il movimento di tedeschi “adulti” delusi dai democristiani.

Un’ostilità specifica verso l’Islam motiva il 10% degli intervistati: il 41% dei seguaci dell’English Defence League a un estremo, nemmeno uno tra i seguaci di Casa Pound all’altro.

Il 9% cita l’integrità morale dell’organizzazione cui hanno scelto di aderire (qui Casa Pound è al primo posto).

Appena il 4% cita motivi economici – la disoccupazione, la globalizzazione, e così via – tra le proprie motivazioni.

Lo studio sottolinea come la paura per la propria “identità culturale” si affianchi più spesso all’ostilità verso i musulmani, che verso gli immigrati in generale.
Lo studio ha chiesto agli intervistati di mettere in ordine di importanza 18 questioni di attualità.

Ai primi posti, l’immigrazione (37%) e l’estremismo islamico (25%); seguono delinquenza (17%), la situazione economica (16%), l’aumento del costo della vita (14%), la disoccupazione (13%), il multiculturalismo (12%), i politici “lontani” (11%). Anche qui le cifre variano molto – il 48% degli olandesi mette al primo posto l’estremismo islamico, contro il 6% dei seguaci di Casa Pound.

Con un tasso di islamofobia sopra la media troviamo quindi i seguaci di Geert Wilders, Die Freiheit, Vlaamsbelang, Sverigedemokraterna, Bloc Identitaire; mentre i più preoccupati per l’immigrazione pura e semplice sono i seguaci del Bloc Identitaire, del Front National, del British National Party. Almeno negli ultimi due casi, abbiamo movimenti sorti ben prima della diffusione del “fallacismo di massa”. Mentre le risposte “antisemite e anti-Roma”, sottolineano gli autori dello studio, sono state inferiori all’1% in tutti i gruppi.

Commentando la ricerca, lo studioso Gavan Titley  dice, giustamente:

Il linguaggio e gli atteggiamenti di molti partiti mainstream in tutta Europa durante la ‘guerra al terrore’, in particolare nei primi anni, ha gettato le fondamenta per gran parte del linguaggio e delle giustificazioni che questi gruppi oggi adoperano attorno al concetto di difesa dei valori liberali – dalle questioni di genere alla libertà di parola.”

Secondo lo studio Demos, Casa Pound, Bloc Identitaire, British National Front e l’EDL ritengono che la violenza sia un mezzo accettabile “per assicurare un esito corretto”, una frase tutt’altro che univoca – nel caso degli inglesi, ad esempio, comprende il sostegno all’attacco militare contro la Libia.
Tutti i movimenti mostrano una forte ostilità verso l’Unione Europea, molto superiore a quella (già diffusa) della media della popolazione, salvo i norvegesi, presumibilmente perché la domanda non li riguarda direttamente.

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Note:

[1] I movimenti studiati sono: Bloc Identitaire (Francia), British National Party (UK), CasaPound Italia (Italia), Dansk Folkeparti (Danimarca), English Defence League (UK), Front National (Francia), Partij voor de Vrijheid (PVV, Olanda), Die Freiheit (Germania), Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ, Austria), Fremskrittspartiet (Norvegia), Lega Nord (Italia), Perussuomalaiset (Finlandia), Sverigedemokraterna (Svezia) e Vlaams Belang (Belgio).
Lo studio non ha preso in considerazione i movimenti di eredità più “fascista”, come Forza Nuova o l’NPD in Germania; mentre il movimento ungherese Jobbik ha rivelato dati talmente diversi, da richiedere uno studio a parte, ancora da pubblicare.

[2] Da segnalare che sia Die Freiheit che il Fremskrittspartiet – entrambi classificabili come gruppi conservatori classici – hanno un seguito demograficamente meno giovane rispetto ai paesi di riferimento; mentre addirittura il 63% dei sostenitori online degli Sverigedemokraterna ha meno di 21 anni.

7 novembre 2011
 
dal sito http://kelebeklerblog.com/

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