Diari di Cineclub

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sabato 12 ottobre 2013

UNA GUERRA DI CLASSE CON FORME DI VIOLENZA MULTIFORME, VISIBILI ED INVISIBILI





UNA GUERRA DI CLASSE CON FORME DI VIOLENZA MULTIFORME, VISIBILI ED INVISIBILI


Intervista a Michel Pinçon e Monique Pinçon-Charlot, sociologi, autori del libro " La violence des riches


Gli autori hanno fatto della grande borghesia il centro d'interesse dei loro studi. Con questo nuovo libro s'impegnano a mostrare la violenza quotidiana della dominazione borghese. Questa violenza, spesso accompagnata da sorrisi e cortesia, punta a fare sì che i dominati rimangano "al loro posto", nell'impresa, per strada o a scuola. Il libro descrive i numerosi strumenti destinati a persuadere "quelli in basso" che «quelli in alto» meritano di stare dove si trovano perché sono i più intelligenti, i più colti, perfino i più belli. Mostra le connivenze e i punti d'intesa fondamentali tra la destra e i dirigenti di un Partito Socialista conquistato al liberismo.


Intervista realizzata da Henri Wilno


Henri Wilno - Perché il titolo la Violenza dei ricchi? Quali sono i suoi diversi aspetti?

Michel Pinçon et Monique Pinçon-Charlot: Abbiamo voluto sintetizzare le diverse forme di violenze esercitate dalle famiglie più ricche del nostro paese. La violenza, non sono soltanto le aggressioni fisiche, ma anche l'insieme dei mezzi usati per mantenere gli uni nel bisogno e nell'incertezza, gli altri nella ricchezza. Prima la violenza economica con la condanna alla disoccupazione di milioni di persone per motivi di speculazione finanziaria. Poi, la violenza politica, ideologica, che manipola il pensiero.
Viene accompagnata dall'uso di un politichese particolarmente perverso che travisa la realtà: si può parlare d'imbroglio linguistico quando si dice ad esempio "partners sociali". Si sparano senza tregua cifre per giustificare delle politiche, senza che i Francesi abbiano gli strumenti per giudicare della loro pertinenza. C'è la violenza dello spazio: le classi popolari e le classi medie inferiori sono confinate alla periferia delle città.
Non siamo più nella lotta di classe in piena luce come prima; siamo passati a una guerra di classe con forme di violenza multiformi, visibili ed invisibili. I salariati ordinari sono rappresentati come un peso per il loro datore di lavoro, beneficiari di vantaggi nocivi alla competitività. Quanto ai disoccupati, sono parassiti, pigri, imbroglioni. L'immigrato viene promosso a capro espiatorio. Ciò provoca una forma di paralisi delle classi popolari, una perdita dei riferimenti, persino un'incapacità di pensare il cambiamento.

La borghesia rimane una classe mobilitata?

Sì, senza dubbio. Mentre c'è una forma di smembramento delle classi popolari. Bisogna notare sull'argomento l'impatto delle politiche della città impostate dai socialisti verso il 1983-1984. Queste non hanno raggiunto i loro obiettivi dichiarati, ma sono sfociate in una forma di territorializzazione della classe operaia, una gran parte della quale vive ormai in periferie spesso definite da espressioni svalorizzanti o sigle incomprensibili riservate ai quartieri poveri, mentre i quartieri borghesi mantengono le denominazioni tradizionali oppure ottengono designazioni del tipo "triangolo d'oro" Ciò s'inserisce nel movimento che, da parte della borghesia, mira a far perdere al nemico di classe la sua identità sociale. Anche il tradimento dei valori della sinistra da parte del PS contribuisce al disorientamento popolare.

Si può anche pensare che siano previste forme di violenza più tradizionali, come quando Manuel Valls denunciava in anticipo gli operai della Goodyear?

Certamente. La classe operaia è un "nemico interno" e si possono usare o prevedere forme di violenza più aperte. Non per niente il governo si è opposto alla legge di amnistia sociale. La polizia si munisce di mezzi moderni, di droni... Il governo Villepin ha rispolverato testi di legge che datavano dalla guerra di Algeria. Ma preferiscono usare la violenza economica ed ideologica; è efficace: un salariato che deve pagare le scadenze dei suoi debiti sarà molto più restio a scioperare. Certo la violenza tradizionale viene tenuta di riserva.

Per indicare il Partito Socialista, nel vostro libro usate l'espressione "seconda destra". Però scrivete anche che a Neuilly-sur-Seine si vota massicciamente per la destra tradizionale?

Conosciamo non pochi grandi borghesi che hanno votato per Hollande. Tutto sommato, pensiamo che l'oligarchia ha bisogno dell'alternanza per dare la parvenza del cambiamento. E poi Hollande fa passare delle misure che Sarkozy avrebbe avuto difficoltà a prendere. Nel nostro libro facciamo riferimento alle reti di Hollande nella finanza (il tesoriere della sua campagna del 2012, Jean-Jacques Augier, è contemporaneamente azionista di due imprese domiciliate in un paradiso fiscale) e al libro che [Hollande] ha contribuito a scrivere nel 1985, La sinistra si muove, che accettava completamente la svolta liberista del PS nel 1983 e voleva accentuarla.

Il Front National è considerato un'alternativa possibile dalla borghesia o da alcuni suoi settori?

Si … ma un'alternativa elettorale per il popolo. Per adesso la borghesia non vuole il Front National al potere. Invece, preferisce un FN al 25% anziché Front de Gauche, NPA, LO, possibilmente assieme, a quel livello. Sarebbe più pericoloso per lei, soprattutto perché non si può immaginare che questi partiti raggiungano tali percentuali senza movimenti sociali. Anche il PS si serve del Front National. Il principale partito apprezzato dalla borghesia è quello degli astensionisti. L'astensione, si sa, riguarda soprattutto gli ambienti popolari. Esistono testi messi a punto interamente che permetterebbero di diminuirla, di detrarre i voti bianchi: questi progetti di legge rimangono nel dimenticatoio.

Alcune analisi pongono l'accento sulle differenze tra la borghesia finanziaria e quella industriale. Cosa ne pensate?

In realtà, constatiamo soprattutto che la compenetrazione tra finanza ed industria aumenta di giorno in giorno. Il mondo industriale è finanziarizzato. C'è il legame con gli azionisti o con le banche. Alcuni gruppi industriali sono proprietari di banche. Delle PME [piccole medie imprese] possono dipendere dal credito bancario. All'infuori delle imprese solidali [grosso modo terzo settore Ndt], è quasi l'identico universo. Bisogna notare anche il legame tra la finanza, l'alta amministrazione e il mondo politico. Un esempio: il modo in cui, lo scorso luglio la commissione di controllo della Cassa dei Depositi, presieduta dal socialista Henri Emmanuelli, ha avallato un decreto (preparato nei servizi di Pierre Moscovici) che trasferisce 30 miliardi di euro dai fondi delle casse di risparmio verso le banche.

 3 ottobre 2013

da "Hebdo l'Anticapitaliste" 

Traduzione di A. Marie Mouni

da Sinistra Anticapitalista


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