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lunedì 14 dicembre 2015

FRANCIA: MARINA LE PEN NON HA VINTO. ECCO PERCHE' di Eugenia Foddai






FRANCIA: MARINA LE PEN NON HA VINTO. ECCO PERCHE'
di Eugenia Foddai


Regionali in Francia, sette macroregioni alla destra e cinque ai socialisti. Il Front National resta al palo. Ma solo per il barrage républicain e le astuzie della legge elettorale




Il partito di Marine Le Pen “non è un partito repubblicano” parola del primo ministro socialista Manuel Valls all’indomani del primo turno delle elezioni regionali del 6 dicembre 2015; perciò i socialisti francesi hanno deciso di fare un barrage républicain all’estrema destra, appellandosi al voto utile, al secondo turno del 13 dicembre 2015, in tre macroregioni dove la sinistra parlamentare è arrivata in terza posizione. Questo voto socialista è stato così regalato airepubblicani di Nicolas Sarkozy nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie, nel PACA (Provence-Alpes-Côte d’Azur) e nel Grand Est (Alsace-Champagne-Ardenne-Lorraine).

Nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie al primo turno Marine Le Pen arriva prima col 40,64% dei voti, ma perde al secondo turno dietro a Xavier Bertrand; sua nipote Marion Maréchal-Le Pen nel PACA, arrivata prima con il 40,55% al primo turno, perde al secondo dietro a Christian Estrosi e il teorico e vice-presidente del Front National Florian Philippot, artefice dell’eliminazione politica del vecchio Jean_Marie Le Pen, primo nel Grand Est con il 36,07% perde al secondo turno dietro a Philippe Richert.

In quest’ultimo caso J.P.Masseret, presidente uscente del consiglio regionale socialista, ha rifiutato le consegne del suo partito e non si è ritirato perché “gli elettori di sinistra hanno bisogno di sentirsi rappresentati”. Ritirarsi per favorire un rappresentante della destra non lepenista, significa per il partito socialista sparire dai consigli generali delle nuove macroregioni e non avere rappresentanti per 5 anni. J. P. Masseret non ci ha pensato molto e ha deciso di disobbedire alla segreteria di rue Solferino che per punizione lo ha boicottato ed ha fatto campagna per il candidato di destra Philippe Richert.






Per Marine Le Pen il partito socialista, con l’invito a votare per la destra sarkozysta, ha organizzato il suicidio collettivo dei suoi candidati.

Ma cosa c’è dietro questo “barrage républicain” che è stato messo in pratica solo dai socialisti? Ricordiamo al proposito che Sarkozy ha scelto il nì – nì, né fusione – né ritiro dove il suo partito è arrivato in terza posizione.

Ebbene dietro a queste manovre abbiamo le prossime elezioni presidenziali del 2017. Sarkozy si gioca le primarie e spera che la sua posizione raccolga le preferenze della destra anche estrema. Sarkozy è pronto a tutto pur di ritornare a fare il presidente della repubblica; lo aspettano al varco il suo ex-primo ministro François Fillon e Alain Juppé, entrambi aspiranti presidenti che aspettano di fare i conti con lui all’indomani della sua poco nobile strategia del nì- nì.

Nel campo socialista si pensa invece al credito che avrà François Hollande quando si ripresenterà candidato dell’unico grande partito che ha fatto da argine all’estrema destra, un partito quello socialista che si presenterà virtuoso e morale e potrà bloccare l’ascensione di Marine Le Pen alla presidenza della repubblica, un evento catastrofico per la grandeur della Francia. François Hollande, il più bugiardo fra tutti i presidenti della cinquième république, dovrà però fare i conti con le sue promesse mai mantenute.

I voti su cui ha potuto contare Marine Le Pen al primo turno sono stati 6 milioni, poco meno che nel 2012 quando, sempre al primo turno delle presidenziali, ne raccolse quattrocentomila in più con il 17,90%. Il suo partito viene definito ormai il primo partito di Francia, ma grazie alla legge elettorale resta fuori anche per questa volta dalla gestione delle macro-regioni. Rimarrà all’opposizione. D’altronde Marine Le Pen incassa molto bene la sconfitta e proclama che “non esiste più né destra né sinistra, ma i politici si dividono in patrioti e mondialisti”.


 La mobilitazione mediatica e politica per il secondo turno è stata tale da riuscire ad alzare il tasso di partecipazione: il rischio Le Pen spinge alle urne gli elettori che si sono astenuti al primo turno e quattro milioni in più fanno la differenza del voto utile. La tripolarizzazione della vita politica crea al secondo turno l’esigenza di alleanze che il Front National non ha possibilità, per ora, di mettere in cantiere: questo spiega la sua difficoltà ad accedere al potere anche in presenza di un numero sempre maggiore di elettori che lo votano.

Xavier Beltrand neoeletto con i voti della sinistra al posto di Marine Le Penha lanciato il suo sos affermando “Il mio modo di far politica cambierà per sempre, dopo questa campagna elettorale. Faccio un appello al presidente della repubblica e al governo perché mettano subito in atto le politiche che i nostri elettori aspettano: è la nostra ultima possibilità”.

Vuol dire, con un ritardo storico: non sottovalutiamo il Front National solo perché non ha conquistato nessuna regione, Marine Le Pen raccoglie e raccoglierà ciò che questa classe politica ha seminato nel perimetro della République.

Dal 2010 al 2015 il Front National ha progredito nei consensi a causa di un malcontento sempre crescente. Per capire gli sviluppi futuri più che le percentuali passate conta il numero di voti e soprattutto i voti al primo turno delle elezioni perché al secondo giocano sempre i famosi fattori del voto utile.

Alle stesse elezioni regionali del 2010, prima della riforma che ha portato alle macroregioni, il Front National aveva raccolto al primo turno 2.223.800 voti che al primo turno delle elezioni 2015 sono passati a 6.018.672, quasi quattro milioni in più. Mentre la sinistra al 2010 aveva raccolto, sempre al primo turno 9.778.540 e oggi 7.806.562 con una perdita secca di quasi due milioni di voti, la destra che era al potere nel 2010 aveva avuto 5.066.942 ed oggi 6.884.785, con un aumento di poco meno di due milioni di voti. Ecco perché il successo del Front National si può imputare per buona parte al governo del Partito Socialista.

Fra queste due elezioni ci sono stati altri test elettorali, quello delle presidenziali del 2012 che ho già ricordato, quello delle legislative che nel 2012 ha visto l’entrata di Marion Maréchal-Le Pen all’Assemblea Nazionale, al primo turno di questa elezione il Front National ha potuto contare su 3.528.663 voti. Abbiamo poi nel 2014 parecchie consultazioni: il Front National entra per la prima volta al Senato, alle elezioni municipali ottiene 1.600 posti di consigliere comunale e il governo di una buona decina di comuni. Alle elezioni europee arriva in testa con il 24,86% dei voti con la bellezza, se si può dire, di 4.712.461 voti che gli fanno guadagnare 24 posti all’interno del parlamento europeo, ridotti poi a 23 per l’uscita di un suo eletto.

Come è possibile che il partito socialista al governo non abbia visto arrivare lo tsunami e non abbia preso misure di contrasto a questo cataclisma?

Son trent’anni ormai che il Front National cresce e l’unico modo per stopparlo non può certo essere un argine costruito in fretta e furia, nemmeno supportato dal partito di Sarkozy; ma l’attuazione di politiche popolari autenticamente socialiste che rispettino il voto antieuropeista.

I cittadini francesi nel 2005 hanno bocciato la costituzione europea partecipando in massa al referendum. Ricordiamo i numeri: quasi il 70 % alle urne, il NO alla UE ha ottenuto il 54,87 % pari a 15.422.659 voti, mentre il SÌ ha avuto il 45,13 % e cioè 12.686.732.

Questi numeri ci dicono una cosa molto semplice. I referendum per le élite al potere – vedi fra gli altri, quello sulla ripubblicizzazione della gestione dell’acqua in Italia, oppure quello traumatizzante per i greci dell’estate scorsa sul terzo memorandum -vengono snobbati.

Quando i francesi così come gli olandesi dissero NO alla costituzione europea, i leader europei espressero rammarico e pensarono bene di mettere in opera il Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009.

In Francia il No venne scelto per il 59% dagli elettori del Partito Socialista, mentre i simpatizzanti dell’UMP, che oggi si fanno chiamare “les républicains”, votarono SÌ unitamente all’UDF di centro per il 76%.

Al primo turno dell’elezione presidenziale del 2007 Jean-Marie Le Pen arrivò al 10,44%, allora Sarkozy, che vinse, fece campagna contro l’entrata della Turchia nell’Unione Europea; nel 2002 lo stesso Jean-Marie Le Pen ottenne il 17% eliminando così Lionel Jospin che si trovò in terza posizione e annunciò il ritiro dalla vita politica. A questo punto tutti i partiti invitarono a fare il barrage républicain e a votare Jacques Chirac: funzionò, doveva essere l’eccezione, sembra diventata la regola. Ma può la sinistra continuare a chiedere ai suoi elettori di votare per la destra, per stoppare il Front National?

Manifestazioni di protesta di susseguirono fra i due turni delle elezioni arrivando a portare in piazza il 1 maggio del 2002 ben mezzo milione di persone.

Un giornalista di destra di ìtélé Claude Askolovitch ha sottolineato che questo non accade più e manifestazioni contro il Front National non ce ne sono state fra queste due tornate elettorali, ma dimentica, in perfetta malafede, lo stato di emergenza in cui si trova tutto il territorio francese; condizione particolarmente sfavorevole a proteste di qualsiasi genere: i più di 174 arresti del 29 novembre in Place de la République lo stanno a confermare.

Molti elettori delusi si sono rivolti dunque al partito di estrema destra – d’altronde il suo programma è una dichiarazione aperta di guerra all’establishment – e con questo voto hanno protestato per la decisione del governo socialista di mettere in opera le macroregioni. Questa trasformazione territoriale ha fatto diminuire il loro numero da 22 a 13: è stata la scelta di un potere che non è più all’ascolto della popolazione che dovrebbe rappresentare. Bretoni e Alsaziani hanno protestato per quello che hanno considerato come un colpo durissimo alla loro possibilità di avere la rappresentanza delle loro specificità.

Marine Le Pen, nel contesto della mondializzazione, si discosta nettamente dal discorso liberale di suo padre proponendo un aumento dello SMIC (salario minimo garantito), il mantenimento della pensione a 60 anni. Si rivolge ai francesi vittime dell’ultraliberalismo e dell’Europa. Progetta il prelievo del 15 % dei profitti dei 50 più grandi gruppi economici, una tassa del 33% sulle delocalizzazioni, l’aumento delle tasse di importazione e la nazionalizzazione temporanea delle banche, l’uscita graduale dall’euro e il ritorno alle monete nazionali. Non per niente il presidente del MEDEF, la confindustria francese, Pierre Gattaz è sceso in campo contro il suo programma considerato nefasto per il paese. Marine Le Pen ha capito che un discorso antisistema passa anche attraverso tematiche care alla sinistra radicale e altermondialista ed ha proposto macroregioni TTIP free.

Questo partito si presenta agli elettori come anti sistema, anti Unione Europea, anti Schengen, anti Euro, anti immigrati, anti Islam, e la crisi convince sempre più francesi che questa è la vera alternativa. Le sue parole d’ordine sono: inégalité, identité, autorité. Se i politici di destra come di sinistra non riempiranno di contenuti concreti le parole del motto nazionale francese: Liberté, Egalité, Fraternité, il Front National è pronto a cambiare il volto di questo paese.

14 dicembre 2015


La vignetta è del Maestro Enzo Apicella


dal sito Popoff quotidiano



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