Diari di Cineclub

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domenica 7 agosto 2016

ALLA FINE SIAMO IN GUERRA di Antonio Moscato









ALLA FINE SIAMO IN GUERRA
di Antonio Moscato



Ogni tanto qualcuno ha rimproverato l’allarmismo sulla guerra del mio sito e di quello di Sinistra Anticapitalista. Silenziosamente, invece, si marciava davvero verso la guerra. Un passo avanti e una smentita, un altro passo e un’altra smentita, e soprattutto tante bugie. Ma alla fine siamo entrati in gioco, per ora solo come supporto logistico agli Stati Uniti, ma presto in altre forme, come “risposta difensiva” appena ci saranno le prime vittime tra i nostri militari già sul campo con poco verosimili compiti di addestramento e di intelligence

Naturalmente l’operazione (che è solo l’inizio) è stata possibile per l’inconsistenza di chi dice di fare opposizione. I vari pezzi della destra sono tutti da sempre e comunque (e per principio) favorevoli alla guerra, e al massimo denunciano l’impreparazione della maggioranza; i cinque stelle hanno altri inceneritori a cui pensare, mentre SEL-Sinistra Italiana grottescamente lamenta che non si sia passati per un voto del parlamento, fingendo di dimenticare che questo parlamento corrotto di nominati (loro inclusi) non rappresenta nessuno e che quindi la richiesta serve solo a simulare intransigenza senza preoccupare minimamente il governo.

Il sedicente “quotidiano comunista” (il manifesto…) ha dapprima chiesto il parere sull’intervento in Libia ad Angelo Del Boca, ben sapendo che se è stato un prezioso storico del colonialismo italiano, ha anche avuto spesso cattive frequentazioni politiche, da Giulio Andreotti al PSI: nel suo peraltro interessante libro di Memorie, Il mio Novecento (Neri Pozza, Vicenza 2008), se ne trovano ampie tracce in elogi fuor di misura a diversi titolari della Farnesina. Così sull’unico “quotidiano comunista” in circolazione è stato elogiato l’intervento degli Stati Uniti che a colpi di bombe aprirebbe “nuovi scenari”. Dopo alcune note di colore su al-Sarraj, descritto realisticamente come “uno che stava nella sua base in mare per scappare se le cose si fossero messe male”, Del Boca ha concluso sostenendo che l’appoggio degli Stati Uniti al cosiddetto capo del governo di Tripoli lo consolida “e fa pensare che gli americani abbiano un loro disegno”. Alla domanda dell’intervistatore, un po’ sorpreso, su cosa sarebbe questo disegno, Del Boca risponde candidamente “che al momento non si può capire , dipende da come hanno preparato questo intervento”…

Come se non ci fossero decine di esempi di interventi insensati e controproducenti degli Stati Uniti in molti scacchieri importanti. Ma la conclusione, oltre ad essere assurdamente ottimistica è scandalosa su un giornale che si vorrebbe di sinistra: “Bisogna ammettere che in questa circostanza va lodata la prudenza che sembra aver avuto il nostro presidente del consiglio”. Amen

Ma a tanto contributo alla confusione se ne aggiunge un altro di Alfonso Gianni che sul Manifesto del 5 agosto continua in larga parte dell’articolo a cincischiare sulla mancanza di rispetto al parlamento rappresentato dall’informazione data solo alle Commissioni Esteri e Difesa, mentre “l’Aula si deve accontentare di un question time della ministra Pinotti”, senza accennare neppure minimamente alla necessità di una campagna e una mobilitazione fuori dal parlamento contro una guerra che pure era evidentemente preparata da tempo senza che il parlamento se ne preoccupasse molto.

Ma in cambio si rinvia anche per questo al miracoloso referendum: Alfonso Gianni rimprovera giustamente a Renzi e Boschi di aver modificato anche l’art. 78 della Costituzione, che diceva “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al governo i poteri necessari”, e ora dovrebbe suonare “La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra, e conferisce al Governo i poteri necessari”. Ma questo dovrebbe stimolare altre riflessioni sulla battaglia referendaria, che è ineludibile, ma senza bisogno di raccontare favole sulla “Costituzione più bella del mondo”:

Non mi sembra ad esempio che l’articolo 78, anche nella stesura originaria, fosse un baluardo insormontabile contro gli interventi militari, sia per la composizione del Senato nelle ultime legislature (è stato capace di deliberare spudoratamente perfino sulla maggiore età della “nipote di Mubaraq”), sia per la consolidata ipocrisia che ha ribattezzato sempre “interventi umanitari” tutte le zelanti partecipazioni italiane a guerre decise da altri.

Ma c’è una ragione in più: se l’articolo 11 non fosse stato predisposto dai “padri costituenti” nella forma che ha, proprio per essere aggirato e reso nullo, che senso avrebbe avuto l’aggiunta delle precisazioni contenute nell’art. 78? Se si sperava di concretizzarlo, l’art. 11 doveva fermarsi alle prime parole: “L'Italia ripudia la guerra”, mentre tutto il resto (“come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”) era predisposto esattamente per escluderne l’applicazione a guerre come quella di Corea, alla guerra civile del Libano, ai vari interventi in Iraq, in Afghanistan, Somalia, ecc. ecc. E una sinistra degna di questo nome non dovrebbe farsi incantare dallo specchietto per allodole del riferimento alle “organizzazioni internazionali”. C’è mai stata un’aggressione imperialista che sia stata fermata dall’ONU? E FMI e BM hanno mai contribuito ad assicurare la pace e la giustizia nel mondo?

Questo nuovo intervento degli Stati Uniti appoggiato dal governo italiano ha tra l’altro la non troppo dissimulata motivazione di intervenire nella campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti. La grande stampa naturalmente ha taciuto sul capolavoro di ipocrisia del discorso in cui Barack Obama lo giustificava, presentando i bombardamenti come una soluzione rapida e indolore per cancellare lo Stato Islamico, mentre l’esperienza irachena e siriana insegna che le bombe colpiranno anche i civili, ma non schiacceranno l’ISIS, lo alimenteranno.

Con il pretesto della “lotta al terrorismo” in tutti i paesi europei si moltiplicano intanto le espulsioni di elementi sospettati di intenzioni aggressive, senza che gli si trovi un arma o una carica di esplosivo. Anche e forse più sistematicamente in Italia. Un sospettato di aver aiutato dei connazionali a procurarsi dei documenti, diventa automaticamente un pericoloso terrorista ed è espulso in 24 ore. Verso dove? Con che sorte? È semplicemente uno stravolgimento del diritto a danno di una parte della popolazione, gestito spesso direttamente da un ministro degli interni al di sotto di ogni sospetto, ma intoccabile perché si regge sul ricatto, sulla minaccia di non sostenere più il governo.

Queste espulsioni sono fatte per simulare l’efficienza dei nostri servizi di informazioni e delle nostre numerose polizie, che in realtà non potranno con questi metodi scoprire qualcosa di reale se anche da noi qualche vero nuovo adepto dello Stato Islamico preparerà un attacco simile a quelli verificatisi in altri paesi europei. Ma come reagiranno i parenti, gli amici, i conoscenti degli espulsi che ne conoscono l’estraneità al terrorismo?

Non era inutile il nostro martellamento sulla guerra in Libia, ma sarebbe stato ben più efficace se ci fosse stato un impegno di tutta la sinistra residua (certo più piccola che in passato, ma non inesistente) per fare unitariamente almeno una campagna sistematica di controinformazione contro i preparativi di guerra.



6 Agosto 2016


dal sito Movimento Operaio


La vignetta è del Maestro Mauro Biani



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