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lunedì 18 febbraio 2013

ESONERO RELIGIONE: UNA SCELTA A FAVORE DELL'ACCOGLIENZA



ESONERO RELIGIONE: UNA SCELTA A FAVORE DELL'ACCOGLIENZA
di Silvana Ronco*

Tempo di iscrizioni, tempo di scelte importanti per i genitori che hanno figli in età scolare, soprattutto per coloro che li iscrivono per il primo anno a scuola. La novità che in questo periodo fa notizia è l’obbligo delle iscrizioni on line per il primo anno dei vari ordini di scuola, obbligo da cui sono escluse le scuole dell’infanzia e i corsi per l’istruzione degli adulti. Per le scuole private paritarie il percorso delle iscrizioni on line resta facoltativo, a discrezione della singola scuola, tanto per far riflettere su come la scuola privata segua un percorso «privilegiato» che la distingue da quella pubblica non solo per i cospicui finanziamenti diretti e indiretti ricevuti ma anche dal punto di vista dei percorsi amministrativi che, da un lato, vincolano le segreterie delle scuole pubbliche a uno sforzo maggiore a fronte dei tagli di fondi e personale, e dall’altro vedono mantenuti i privilegi di scuole private in cui non si percepisce crisi.

L’Istat fotografa un’Italia dove il divario digitale è ancora molto spiccato rispetto agli altri paesi industrializzati, e molte famiglie con figli in età scolare o non hanno un pc o, pur avendolo, non hanno la connessione a Internet o un indirizzo di posta elettronica. Pensare che le segreterie delle scuole possano organizzare una sorta di Internet point, mettendo a disposizione delle famiglie in difficoltà «una sala informatizzata con la presenza di personale scolastico», come suggerito in una Nota del Ministero, rende bene l’idea dello scollamento tra la realtà in cui le scuole pubbliche operano ogni giorno e l’immagine onirica che, evidentemente, permea le menti dei funzionari del Miur. Comunque, superato l’ostacolo informatico, le famiglie si trovano ad affrontare molte scelte rilevanti per il successo formativo dei loro figli: quale scuola? Quale orario settimanale? Quale indirizzo? E in mezzo a tutte queste domande c’è anche la scelta dell’avvalersi o no dell’insegnamento confessionale cattolico che occupa un’ora e mezza alla Scuola dell’Infanzia, ben due ore alla Primaria e un’ora alla Secondaria di primo e secondo grado, scelta complicata anche dalla restituzione dei moduli in tempi diversi: il primo all’atto dell’iscrizione e il secondo, dedicato all’opzione alternativa, all’inizio dell’anno scolastico di riferimento.

In un contesto dove il tempo scuola diminuisce notevolmente di anno in anno, riducendosi fino a 24 ore settimanali nella Primaria, lo spazio dedicato all’insegnamento confessionale cattolico aumenta sempre di più e non solo in percentuale sulle ore di lezione svolte, ma anche in funzione del ruolo di supplente che, seppur solo per brevi periodi, gli insegnanti di religione possono assumere, ruolo che per gli alunni non avvalentisi dell’Irc è comunque rivestito da un docente che sentono «estraneo» al loro percorso, che non appartiene alla sfera degli insegnanti cui fanno riferimento. Questa riflessione può apparire marginale, visto che nel ruolo di supplente tale insegnante dovrebbe assumere un atteggiamento «laico», ma ben mi comprendono i genitori dei piccoli della Scuola dell’Infanzia o dei più grandicelli della Primaria che contattano l’Associazione 31 Ottobre per sapere se tali supplenze siano o no legittime, viste le ripercussioni testimoniate dai loro figli, per non parlare di quanto riportato dai non avvalentisi delle superiori, dove non mancano aneddoti sulle digressioni filosofiche rispetto all’etica.

Un altro motivo di riflessione da tener presente in questo periodo di scelta sulla frequenza o meno dell’Irc è l’aumento della presenza di alunni provenienti da diverse parti del mondo, portatori di culture e religioni differenti, cui la scuola deve poter avere risorse adeguate per rispondere, investendo anche sulla formazione degli insegnanti.

«L’insegnamento scolastico su religioni e credenze va impartito in modo leale, obiettivo, accreditato da solide conoscenze accademiche. Gli alunni devono poter ricevere informazioni su religioni e credenze in un ambiente rispettoso dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dei valori democratici»: questo è quanto il primo dei Principi di Toledo, elaborati nel 2007 da un gruppo internazionale di una quarantina di giuristi e pedagogisti per un corretto trattamento del fatto religioso nella didattica della scuola pubblica, suggerisce ai ministeri dell’Istruzione dei vari stati europei. Evidentemente in Italia si preferisce continuare a spendere milioni e milioni di euro per pagare insegnanti di religione cattolica, imposti dai vescovi a tutti i contribuenti, dando spazio a un insegnamento confessionale piuttosto che rispondere alla libertà di religione e di scelta educativa delle famiglie promuovendo uno studio storico-critico del fatto religioso, o anche solo traducendo la relativa modulistica sulla scelta nelle principali lingue dei paesi di provenienza dei piccoli compagni di scuola che oggi arricchiscono il gruppo-classe dei nostri figli. Sottolineo che tutto questo avviene nonostante la progressiva diminuzione delle adesioni all’insegnamento confessionale cattolico.

La scelta di non avvalersi di un insegnamento «di parte» diventa anche la scelta di un modello di scuola che non accentui le diversità («a ognuno la sua religione»), ma che si ponga come obiettivo il superamento dell’insegnamento confessionale, orientandosi verso un approccio storico-critico del fatto religioso. Quindi una testimonianza di scelta orientata a un modello di scuola pubblica rispettoso delle diversità, delle minoranze, e soprattutto capace di trasformarle in risorse, in opportunità di arricchimento mediante la conoscenza dell’altro, nell’ottica del rispetto. Insomma: «fui straniero e mi accoglieste».



* l'autrice è presidente dell'Associazione 31 Ottobre

Tratto da "Riforma" dell'8 febbraio 2013




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