Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

sabato 27 novembre 2010

DRAQUILA di Pino Bertelli





DRAQUILA
L’Italia che trema (2010),
di Sabina Guzzanti

recensione di Pino Bertelli








per Antonio Gasbarrini,

critico d’arte, amico di derive libertarie e situazioniste…
che ha preso la carriola e (insieme a tanti aquilani)
ha fatto dell’arte delle macerie o delle macerie dell’arte un atto d’amore per la sua città
e ricordato ai ciechi e ai sordomuti della politica istituzionalizzata e dei saperi mercantili
che con il primo gesto di disobbedienza è nato anche il primo gesto di libertà...



I. LA DEMOCRAZIA DELLA MERDA

Bertold Brecht*

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari...
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Berlino, 1932.

*Da una poesia di Martin Niemöller (Lippstadt 1892 - Wiesbaden 1984)
rivisitata da Bertold Brecht (Augusta 1898 - Berlino 1956)


«Non si può dire che sia propriamente dittatura, quella dove non c'è la tortura. Ma è la dittatura della merda.
Della quale si continua a dire: non può durare. Ma non è vero. Dura, invece. Durerà».

Dal film, Draquila. L’Italia che trema (2010), di Sabina Guzzanti



Prologo sulla tirannia dell’informazione.

La democrazia italiana uscita dalla Resistenza è costata oltre 60.000 morti... molti dei quali erano giovani che non arrivavano a trent’anni… avevano imbracciato il fucile, si erano legati al collo degli straccetti rossi (Pasolini, diceva) ed erano andati a combattere per una rossa primavera che non c’è mai stata… la democrazia è stata tradita, svenduta, buttata nelle discariche della politica istituzionale (dall’oligarchia dei partiti). I buffoni aggrappati agli scranni del parlamento sono conniventi con il crimine organizzato e il fascio dei politici continua a calpestare i più elementari diritti dell’uomo. E il popolo… il popolo guarda la propria storia sfigurata sui marciapiedi dell’imbecillità elettorale. Eppure tutti sanno bene che la povertà di molti produce la ricchezza di pochi. “I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime il senso della verità e della giustizia” (Simone Weil). Tutto vero. La soppressione dei partiti
politici è necessaria. I burocrati e i servi che li sostengono sono nocivi alla nascita di una società di liberi e di uguali. Nessuno che abbia in animo un’umanità della bellezza verserà una lacrima per la loro amena sorte di garrottati. Ai traditori della sinistra sono riservate le punte dei cancelli dei giardini pubblici nell’ora del tè. Il capo dello stato e il papa sono destinati alla pulitura dei cessi nei centri di accoglienza. Violenza aiuta dove violenza regna!
I professionisti della politica, gli untori della chiesa e i saprofiti dell’economia globale hanno costruito un sistema di consenso che legittima l’impero della soggezione generalizzata.
La rivolta libera da ogni colpa l’azione della disobbedienza civile e fa della critica radicale dell’ingiustizia, il principio di distruzione della società consumerista. Lascio agli scrupolosi la cura di stabilire il numero dei politici da prendere a calci in culo… la singolarità di una generazione in rivolta come quella del Maggio ’68 è stata quella di avere preso i propri sogni per la realtà, iniziato a sparare sui pubblici orologi e avuto il coraggio di danzare sulla testa dei re. Quella stagione formidabile non è mai finita… sotto la brace della storia della disuguaglianza sfavillano le idee di amore e libertà dell’uomo per l’uomo e al di là del bene e del male sono sempre più larghe le richieste e i rimedi dei nuovi soggetti sociali che vogliono mettere fine alla ferocia di
governare ed essere governati a questo modo e a questo prezzo.
Digressione sull’utopia anarchica. Solo l’utopia anarchica ci salva dal Nulla e dal Vuoto. “L’anarchismo non è la visione, basata su congetture, di una società futura, ma la descrizione di un modo umano di organizzarsi radicato nell’esperienza della vita quotidiana, che funziona a fianco delle tendenze spiccatamente autoritarie della nostra società e nonostante quelle” (Colin Ward). Tutto vero. Il pensiero anarchico interviene contro gli atti osceni del potere e ne disconosce ogni ragione e legittimità… ogni parola dei parassiti del governo è una congiura contro i propri sudditi... l’autocrazia
che hanno ordito in ogni anfratto della società è l’espressione e l’immaginario (lo spettacolo) di una civiltà senza domani.
La democrazia dei ladri e dei buffoni (tutta italiana) impedisce la gioia, il desiderio, il piacere, la felicità… produce “corpi” malati dove la merce è la misura di tutte le cose e la fraternità, la solidarietà e l’accoglienza si arrestano davanti ai cimiteri dell’ordine costituito. Basterebbe essere risoluti a non servire mai più per riconoscere i luoghi (o eterotopie, diceva Foucault) di nuove libertà quotidiane… a dispetto di tutti gli errori
di ortografia o i calcoli gelidi della matematica che non hanno impedito agli uomini di spirito di mettere quel magnifico brulotto di verità sotto gli altari e i dogmi dell’impero dell’indifferenza… la sola realtà che conta è quella da inventare. I “corpi” in utopia si creano spazi altri, luoghi aperti, derive che aprono varchi, sentieri, linguaggi e differiscono dal “comune sentire”… contestano tutto ciò che rappresenta la società dei privilegi… combattono e dissipano l’eternità delle illusioni fabbricate dai partiti e dalle chiese per addomesticare gli ingenui e gli stolti.
L’innocenza del divenire (della quale parlava Nietzsche, Bakunin e anche la Banda Bonnot) dei “corpi” in utopia o — dell’uomo in rivolta — denuda l’inviolabilità del potere, mostra i crolli delle “buone cause” dell’opposizione e le menzogne del “buon governo” del fare… l’uomo in rivolta manifesta la forza della coscienza sul mondo, figura l’intelligenza e le ragioni degli sfruttati, degli oppressi, dei violentati… nella seminagione di verità applicate contro l’entusiasmo della politica, il cammino dei profittatori di ideologie e fanatici dell’obbedienza è segnato… i congiurati della bellezza non difettano di eresie e si preparano a ben vivere come a ben morire… sanno che la maggior parte della politica è riconducibile a un crimine di lesa libertà, a un crimine del Verbo come ragione unica. L’urgenza della bellezza interviene negli atti dell’uomo in
rivolta e non c’è storia della bellezza che non sia dell’anima. L’uomo in rivolta delegittima l’esercizio del potere e la sua azione inquieta i professionisti della politica… i “corpi” in rivolta sono “segnali” di un’umanità in trasformazione che smascherano le convenienze dei mercati internazionali, la mistica delle elezioni, il genocidio pianificato delle democrazie autoritarie e dei regimi comunisti… e con ogni mezzo necessario
lavorano alla caduta dell’epoca del disastro.

II. DRAQUILA. L’ITALIA CHE TREMA

La macchina/cinema, l’abbiamo già detto altrove, è un dispositivo dal quale si esce o più stupidi o più intelligenti. Un film può essere il non-luogo dove l’utopia si sostituisce al reale dato e cancella il consolatorio e il tragico televisivo. Draquila. L’Italia che trema è un documentario politico e intelligente. L’ha diretto Sabina Guzzanti, irriverente cabarettista e fustigatrice degli squallidi costumi, valori e morali che la casta dominante(inclusa la sinistra, s’intende) smercia attraverso la dittatura della comunicazione.
È vero, il film-documento di taglio “civile” non sempre riesce nell’impresa di demistificazione dei funesti demiurghi del potere. E ha fatto vittime illustri. Joris Ivens, Oliver Stone, Michael Moore... sono caduti o inciampati su una pretesa “oggettività” politica e qualche volta i ritratti di tiranni e tirannelli (come Castro, Chávez) che sono usciti dai loro film, non erano poi quelle immacolate colombe della rivoluzione, ma espressione di feroci o languide dittature. Con il documentario (girato a caldo) sull’uragano Katrina in Louisiana, Spike Lee ha riscattato non solo la superficialità dei suoi ultimi film, ha restituito alla dignità dei neri la storia e la cultura calpestate da quello sbronzo con gli stivali da texano che faceva il presidente degli americani (George Bush) e organizzava guerre con l’indecenza degli stupidi... I docu-film di Raymond Depardon, Frederick Wiseman o della Guzzanti, appunto, maneggiano bene l’impudore del potere e lo scarnificano delle sue seduzioni. Draquila. L’Italia che trema è il balzo di tigre del quale scriveva Walter Benjamin… esprime, raffigura, grida l’urgenza e la forza di un pensiero liberato e libertario capace di travolgere il falso e trasformare l’esistente.
Draquila. L’Italia che trema è una metafora documentata sul governo, i partiti, i vip di ogni causa devota al consenso… che si sono affratellati e hanno versato copiosi lamenti televisivi su una città e una popolazione devastati da una catastrofe — che se non poteva essere evitata — non avrebbe dovuto subire le violenze, le rapine, le umiliazioni della cosca istituzionale. La Guzzanti lavora su materiali poveri, diversi, occasionali… intreccia tutto come se scrivesse un diario di bordo… non cade nella caricatura del presidente del consiglio (solo una volta lo sostituisce e riporta negli occhi degli spettatori tutta la spregievolezza di questo abile fantoccio mediatico) e lascia alle immagini l'autodisvelamento (sono un mafioso, dice Dell’Utri… ho speso più di duecento milioni di euro in giudici [per comprarli?!], dice Berlusconi) che lo rendono più nudo e più stupido.
La storia però insegna che i tiranni e gli stupidi sono sempre stati uccisi troppo tardi.
Le interviste agli adoratori del premier sono ridicole… muovono paure e pene in quella piccola parte di persone che hanno ricevuto la casa di cartone pressato, i piatti, i bicchieri e anche lo spazzolone per pulire il cesso… cronaca politica e malaffare giudiziario si confondono… i caimani della protezione civile ridono sui morti del terremoto e la tenda del Pd resta vuota in ogni stagione… D’Alema e compagni stanno alla larga dai problemi reali della gente, preferiscono albergare nel tanfo del capitalismo rosso e rimbalzare in altre connivenze, non meno criminali, che non riescono più a seppellire…la voce fuori campo è il filo rosso che collega l’intero film e la Guzzanti è davvero scarna, austera, vera e si affranca commossa alla tragedia infinita degli aquilani. Il suo silenzio accusa… disvela lo stato di polizia che regna all’Aquila e mostra il vero volto di
una democrazia di merda.
Draquila. L’Italia che trema è un documento sull’orrore della politica, sui vampiri Berlusconi, Dell’Utri, Bertolaso, Balducci e della loro banda di mafiosi che hanno il covo anche nelle stanze olezzanti del Vaticano… è “di una sorta di esercito in mano alla presidenza del consiglio — dice Sabina Guzzanti —, con licenza non di uccidere ma di spendere, di dare, di assumere senza concorso di andare in deroga a tutte le leggi, di autorizzare costruzioni abusive, di elargire fondi extra al Vaticano”. Non tutti però stanno al gioco. Il prof. Colapietro è l’unico aquilano rimasto nella sua casa semidistrutta, “fra le mie pareti, i miei gatti, i miei libri”, dice. Nessuno può comandare sul suo destino. Nel film appare anche Massimo Ciancimino, che confida ai giudici ciò che gli aveva detto (e scritto) il padre Vito, mafioso di razza, e cioè che Silvio Berlusconi i soldi per costruire Milano  li aveva ricevuti dalla mafia.
La Guzzanti è andata all’Aquila con una piccola troupe e una videocamera… ha messo insieme 700 ore di girato e lavorato un anno all’assemblaggio di centinaia d’interviste, incontri, analisi dei documenti… ha avuto in dono le lacrime degli aquilani e ricevuto rifiuti o bruschi allontanamenti da parte delle “forze occupanti”… la sceneggiatura (Guzzanti) è una “costruzione di situazioni”, sovente rovesciate... il montaggio sapiente di Clelio Benvenuto intreccia campi di accoglienza, la città distrutta, frammenti televisivi, proclami elettorali e smuove rabbia e ilarità da commedia dell’arte. La fotografia di Mario Amura e Clarissa Cappellani è “grezza”, efficace, adatta a un pamphlet di notevole bellezza etica… importanti le sottolineature musicali
di Riccardo Giagni… le macerie dell’Aquila, Onna, San Gregorio, Paganica… espongono la vergogna di un’intera classe politica che suscita nei proni a tutto l’adorazione, nei ribelli contro ogni forma d’ingiustizia, l’indignazione. La rivolta delle carriole non c’è… il film, forse, è stato chiuso prima che il popolo aquilano
mostrasse alla stampa internazionale il coraggio e la dignità della disobbedienza civile. Il popolo delle carriole ha espresso (ed esprime) il dissidio contro la sottomissione, la profanazione, la violazione del diritto a vivere a misura d’uomo … una razza di demoni che alberga nei Palazzi del potere è responsabile delle ingiustizie e delle sopraffazioni avvenute all’Aquila e nell’intero paese… la disobbedienza civile degli aquilani non è destinata a scomparire… ha gridato che il sistema di governo rappresentativo e l’appropriazione delle istituzioni nelle mani di pochi specialisti dell’informazione e della contraffazione, esclude la partecipazione reale dei cittadini alla cosa pubblica… i partiti rappresentano i loro apparati e basta… ma perché gli uomini siano protagonisti della loro storia o lo divengano, occorre che tra di loro si sviluppi, cresca, insorga l’arte dell’associazione e si perfezioni “in maniera proporzionale alla crescita dell’uguaglianza delle condizioni” (Alexis de Tocqueville, ma anche John Stuart Mill,  Pierre-Joseph Proudhon o Hannah Arendt). L’eccellenza della “povertà” e il “mutuo godimento” sono ancora da inventare. Tuttavia, la libertà della comunità che viene supererà tutti gli ostacoli e i soprusi dei potenti sono destinati a cadere nelle cloache della storia, insieme all’aspersorio e al fucile.
Il naufragio delle istituzioni è un bene che va coltivato e disfare ciò che è stato fatto in modo arbitrario o imposto, riporta ai nobili sogni di abbattimento di ogni forma di totalitarismo e imperialismo che hanno reso l’uomo schiavo. L’ottusità delle istituzioni è una malattia comune… ma non inguaribile… la consumazione dei deliri di onnipotenza dei quali sono capaci gli uomini della burocrazia politica e le violenze che giustificano il loro operato, richiedono immaginazione e trasgressione… ogni testa politica caduta sul sagrato della verità è un evento che consideriamo come un inizio. La disobbedienza civile non ha né inizio né fine… è il rovesciamento delle politiche di persuasione e di controllo sulle folle… è il capovolgimento della situazione… è la limpidezza della verità che si contrappone alla menzogna edulcorata… pensare la disobbedienza civile è in qualche modo dare voce a chi non ce l’ha, né l’ha mai avuta sulla sabbia della storia.

27 volte maggio 2010

dal sito  www.utopiarossa.blogspot.com

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