Diari di Cineclub

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domenica 24 giugno 2012

RICCARDO LOMBARDI




IL RIFORMISMO COME METODO DEMOCRATICO DI TRASFORMAZIONE SOCIALISTA DEI RAPPORTI ECONOMICI E SOCIALI.


 di Franco Bartolomei




Viviamo una fase storica in cui la parola "Riformismo" viene impropriamente abusata da tutto il sistema politico "ufficiale", ben fuori dal suo significato originale strettamente connesso alla storia del movimento operaio , come la moderna qualificazione concettuale di una complessiva pratica di gestione del potere sociale, politico ed economico, finalizzata ad aggiornare e modernizzare le forme istituzionali e gli Istituti normativi per favorirne l’adattamento alle esigenze dello sviluppo del mercato e dell’impresa.
Credo quindi utile proporre ai lettori del forum di SOCIALISMOESINISTRA una riflessione sull’azione politica di Riccardo Lombardi e sulle ragioni culturali e teoriche della sua visione del Riformismo Socialista, utile a recuperare nell’orizzonte programmatico della Sinistra Italiana il reale significato del concetto di "Riformismo", nei termini esatti in cui la vicenda politica del movimento operaio del ‘ 900 lo ha concretamente qualificato nello svolgimento della propria azione per il progresso sociale e civile del paese.

Un concetto politico costantemente ed esclusivamente connesso alla affermazione ed al consolidamento del ruolo, dei diritti, dei redditi e degli spazi decisionali del mondo del lavoro, nel suo rapporto con il sistema produttivo esistente, e rappresentativo dei programmi di riferimento delle forze che hanno costituito l’espressione delle sue rappresentanze politiche.e sindacali.
Questa riflessione assume un significato assolutamente rilevante nel momento in cui assistiamo alla crisi profonda del modello economico e finanziario che nell’ultimo ventennio ha ridefinito la costituzione materiale delle società occidentali più avanzate sulla base di un sistema di valori, regole sociali, e modelli normativi, conseguenti al progetto di una società riorganizzata attorno ad una concezione del mercato come unico valore sociale assoluto.

Questo modello di sviluppo fondato sulla centralità del profitto, e della rendita finanziaria, come fattori di riferimento esclusivo di una accelerazione forzata della crescita, ha letteralmente travolto sul piano politico, sociale e culturale tutte le forze della sinistra europea, riuscendo a realizzare, in nome di una forte aspettativa di ampliamento della mobilità sociale,oggi ormai del tutto tramontata tramontata, un consenso maggioritario alla introduzione di progressive forme di flessibilità dei rapporti di lavoro ed alla inversione delle precedenti politiche redistributive, e socialmente garantiste ,che hanno fino a quel momento caratterizzato le grandi democrazie occidentali.

Le forze del Socialismo europeo, incapaci di individuare un modello alternativo dello sviluppo, hanno così subito lo smantellamento del grande patto Keinesyano realizzato nei quattro decenni successivi al II conflitto mondiale sulla base di una equilibrata contrattualità sociale tra le forze del capitale e del lavoro, concordata attorno ad un complessivo progetto di riequilibrio sociale fondato sulla centralità del rapporto tra l’incremento della ricchezza sociale realmente prodotta e la crescita del reddito reale dei soggetti produttori, e più in generale di tutta la popolazione.

In particolare il nuovo sistema dei rapporti economici e finanziari , realizzato a livello globale dopo la riunificazione dei mercati mondiali conseguente al crollo del socialismo reale, oltre a delegittimare socialmente, culturalmente, e politicamente la tessa espressione della conflittualità sociale, ha minato le radici stesse delle tradizionali politiche Socialdemocratiche, rendendo impossibile la continuazione di sistematiche azioni anticicliche ,assicurate dalla disponibilità di una spesa pubblica sottratta a vincoli sovranazionali, quali strumenti di incentivazione pubblica delle economie.

Recuperare, in tal senso il pensiero di Riccardo Lombardi, significa quindi rivalutare le ragioni, nuovamente attuali di fronte alla profondità della crisi che investe le economie dei grandi paesi democratici dell’occidente, di una concezione radicale del Riformismo Socialista, fondata su un recupero, parallelo ad un inevitabile rimodellamento alle nuove effettive configurazioni dei rapporti produttivi e sociali delle societa avanzate contemporanee, delle categorie , per dirla con Marx, della " Critica della economia politica".

In termini concreti, significa ricominciare a lavorare a sinistra ad una rinnovata idea della politica delle riforme come progetto e traduzione concreta di una politica di trasformazione strutturale dei rapporti economici e sociali, finalizzata alla individuazione delle linee portanti di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla riappropriazione sociale del giudizio di valore sulla qualità dei processi di crescita economica, attraverso la realizzazione di nuove forme istituzionali di controllo delle variabili economiche orientate a garantire gli interessi generali della comunità civile.

II

Riccardo Lombardi ha in questo senso rappresentato l’ultimo grande dirigente della storia del Socialismo Italiano convinto che i problemi strutturali della società italiana potessero trovare una risoluzione democratica e progressista unicamente attraverso una trasformazione strutturale dei processi economici capitalistici ,nel quadro di un progetto teorico articolato attorno ad una inedita concezione del Socialismo inteso come sistema di riorganizzazione di una società avanzata in grado di garantire, in contemporanea, lo sviluppo economico e la massimizzazione dei diritti e dei poteri del mondo del lavoro.
Sulla base di tale convinzione ha costantemente rifiutato l’idea e la pratica politica di una concezione riduttiva e minimale del "riformismo", tutta interna agli orizzonti economici esistenti, ed ancorata ad una logica di mera razionalizzazione di un sistema capitalistico, che peraltro all’epoca non aveva ancora assunto tra le logiche del suo sviluppo quella successiva, perversa e folle, recente configurazione costituita dalla utilizzazione diffusa del debito e della rendita finanziaria quali fattori della crescita , sostitutivi del reddito e della ricchezza reale prodotta ..

In tal senso Lombardi ha sempre concepito l’azione politica riformista ,che le forze del movimento operaio debbono sempre svolgere su un terreno rigorosamente democratico attraverso la continua ricerca di alleanze sociali sempre più ampie ,come un percorso teso verso l’obbiettivo di realizzare progressive conquiste democratiche e sociali dirette a rompere gli equilibri del sistema capitalistico, ed a realizzare riforme strutturali che, introducendo elementi di irreversibilità nel tessuto economico e sociale del paese, rappresentassero le premesse per la realizzazione di un modello di sviluppo alternativo.
L’importante era che un percorso riformista di tale natura mantenesse, pur nella necessaria gradualità dei tempi, ed anche di fronte ad eventuali possibili rallentamenti, sempre costante, chiara e visibile, attraverso la qualità del programma, o dell’azione di governo, la sua direzione di marcia nel senso della progressiva realizzazione di condizioni di mutamento reale dei rapporti di forza tra le classi.

Emblematica a tale proposito la sua esortazione alle forze della sinistra politica e sindacale a considerare nelle proprie piattaforme rivendicative, o nei propri programmi, il salario quale variabile indipendente dai processi economici, condizione indispensabile, oltre che per la tutela dei livelli di vita dei lavoratori, per rovesciare a favore dei lavoratori, nel modo di pensare sociale, i criteri di riferimento tradizionalmente usati dalle classi dirigenti per qualificare le variabili economiche dello sviluppo sociale.

La definizione identificativa del pensiero Lombardiano, come " Riformismo Rivoluzionario ", riassume correttamente questa peculiare concezione del Socialismo come un processo democratico di aggregazione progressiva attorno al mondo del lavoro, modernamente inteso dal punto di vista sociologico, di forze sociali diverse, attraverso l’elaborazione di un programma di profonde riforme in grado di avviare una graduale trasformazione dei rapporti economici e sociali verso un modello socialista, del tutto nuovo rispetto all’esperienza autoritaria delle società comuniste, e del tutto diverso rispetto alle politiche assistenziali e redistributive delle grandi Socialdemocrazie europee, non finalizzate, con la sola eccezione del piano MEIDNER in Svezia, ad intaccare la natura dei rapporti produttivi delle società più avanzate.

In questo sforzo di originale elaborazione teorica Lombardi si poneva innanzitutto l’interrogativo su come una politica di trasformazione democratica e socialista del Paese, compiuta attraverso riforme strutturali dirette progressivamente a modificare la natura economica del sistema, dovesse necessariamente essere realizzata riuscendo a mantenere elevati livelli di creazione della ricchezza collettiva, convinto che il Socialismo nella interpretazione più matura ed autentica fosse una teoria politica realizzabile in forma pienamente democratica unicamente nelle società in cui i livelli produttivi ed il grado di avanzamento delle strutture tecnologiche avessero raggiunto un elevato livello di sviluppo e di maturazione.

Per tale ragione il mantenimento degli elevati livelli di ricchezza sociale prodotta dal sistema capitalistico avanzato che si intendeva modificare avrebbero dovuto essere preservato in tutta la fase della transizione, al fine di garantire la qualità democratica della nuova società nascente.
Emblematica nel rappresentare tale convinzione è la famosa metafora, più volte da lui enunciata in discorsi pubblici ed elaborazioni scritte, per cui il compito delle forze della Sinistra sarebbe stato quello di cambiare in corsa i pezzi di un motore senza causarne lo spegnimento.
Fondamentale in Lombardi è sempre rimasta ad ogni modo la considerazione primaria di come l’azione del movimento operaio in un paese non potesse essere pensata al di fuori di una globale considerazione dei rapporti economici internazionali, allora letti nel quadro esistente del conflitto tra l’imperialismo economico americano ed il ruolo egemonico svolto dall’Unione Sovietica nell’Europa dell’Est .
In tal senso la contrapposizione a queste due diverse espressioni di autoritarismo, economico ad Ovest, e statuale ad Est, rappresentava nel pensiero lombardiano un elemento centrale ed ineludibile dell’azione dei socialisti, espressa al massimo livello nel contributo determinante alla distensione internazionale tra le grandi potenze, e al contemporaneo sostegno dei movimenti di liberazione del terzo mondo.

In tal senso, la critica frontale dell’imperialismo americano, approfondita nella valutazione di tutti i condizionamenti e le conseguenze economiche da esso indotte nei rapporti di produzione dei paesi arretrati o in via di sviluppo, nella considerazione della sua capacità di alterazione delle regole economiche dei mercati internazionali ,anche nei confronti di economie ben più robuste quali quelle dei paesi europei, e nelle drammatiche conseguenze autoritarie da esso imposte nei paesi in cui l’equilibrio capitalistico veniva messo in discussione dalle forze della sinistra, ha sempre rappresentato una costante fondamentale della sua azione politica.

La sua critica dell’imperialismo è stata sempre sviluppata non in virtù di un antiamericanismo di maniera o di principio, a lui, convinto estimatore come tutti gli ex azionisti della Democrazia americana ed anglosassone, assolutamente estraneo, ma esclusivamente in ragione della necessità di porre sempre l’analisi globale dei reali processi economici in atto a fondamento delle sue risposte politiche, e dal concepire il Socialismo come una costruzione in grado di trasformare la società partendo dalla trasformazione dei rapporti economici per come essi concretamente si attuano nel quadro di tutte le interazioni esistenti.

Questo aspetto del pensiero di Lombardi della considerazione essenziale dell’analisi dei rapporti economici e produttivi internazionali, quale premessa della azione della Sinistra, costituisce senza ombra di dubbio una impostazione concettuale di assoluta modernità, il cui valore deve oggi essere ancor più considerato alla luce degli sviluppi degli attuali processi di globalizzazione dei rapporti economici e finanziari, che travalicando le capacità di governo e di controllo degli Stati nazionali influenzano, fuori da ogni possibile controllo democratico, gli scenari economici dei singoli paesi condizionandone in modo determinante le politiche statuali e sociali.

Riccardo Lombardi, intellettuale di formazione cattolica, impegnato da subito e con prezzi personali nella lotta antifascista, militante del Partito d’azione durante la lotta partigiana, è divenuto quindi, nella storia della sinistra italiana del dopoguerra , forse al di là della sua formazione culturale e delle sue consapevoli intenzioni, un grande ed originale interprete di un marxismo eclettico, eterodosso e non dogmatico , che ha costituito il retroterra della formazione culturale di una intera generazione di militanti Socialisti e di tutta la Sinistra italiana, fino a divenire oggi probabilmente l’ultimo punto di riferimento di una cultura di sinistra che voglia ancora porsi in termini critici rispetto allo sviluppo capitalistico delle società avanzate.


III

La sua critica al Governo di centrosinistra nacque pertanto dalla presa d’atto della incapacità dei socialisti, e più in generale di tutte le forze della politica e sindacale, compreso il PCI e la CGIL, di vincere la resistenza delle forze conservatrici alla realizzazione di quella politica inizialmente ipotizzata di apertura degli spazi democratici e di realizzazione di profonde riforme strutturali, che avrebbe dovuto trovare nella politica economica di programmazione e nell’intervento pubblico dello Stato nell’economia glii strumenti destinati a far prevalere l’interesse pubblico e le esigenze delle classi subalterne rispetto agli interessi delle tradizionali classi dirigenti economiche, industriali e finanziarie.
Quindi Lombardi intravide il rischio che il centrosinistra potesse divenire un vero e proprio pantano nel quale l’energia riformatrice dei Socialisti sarebbe potuta rimanere imprigionata portando al fallimento di tutta quella originale elaborazione teorica e programmatica avviata dal P.S.I. in seguito all’invasione dell’Ungheria ed alla denuncia della natura autoritaria del sistema sovietico, che avrebbe successivamente costituito la base di riferimento di tutti i futuri processi di innovazione culturale e politica della Sinistra Italiana negli anni a venire.
Lombardi fu quindi il primo politico della Sinistra storica italiana a comprendere come il ’68 operaio e studentesco, al di là di forzature velleitarie e massimaliste, rappresentasse un mutamento profondo dei costumi e dei comportamenti socialisti degli italiani, che avrebbe scosso in profondità ed in modo irreversibile i rapporti sociali precedentemente esistenti tra le classi.

Questa ventata innovativa avrebbe potuto costituire per la sinistra l’opportunità di concepire in modo nuovo l’azione politica riformatrice ,come il prodotto di una attività di elaborazione programmatica e di riforme da svolgere sul terreno istituzionale e di una azione di sollecitazione, partecipazione e rappresentanza dei grandi movimenti di massa, i quali andavano a rappresentare nella società veri e propri contropoteri in grado di garantire sul terreno della mobilitazione e della costruzione del consenso una garanzia ed un presidio dell’azione riformatrice svolta sul terreno istituzionale.

Sotto questo profilo RICCARDO LOMBARDI, nella sua azione politica, nella sua elaborazione teorica, nel suo costante rapporto di scambio politico e culturale con la sinistra socialista movimentista francese (rivista "socialisme ou barbarie"), con gli intellettuali impegnati ad una rivisitazione critica del pensiero Socialista (Castoriadis , Sweezy, Martinet) ,con gli esponenti dei nuovi filoni del marxismo americano ed anglosassone ("monthly review"), con la sinistra socialdemocratica tedesca (jusos), con gli esponenti della sinistra terzo-mondista di estrazione latino americana , con gli esponenti della sinistra cattolica italiana ( MPL, ACPOL, Labor, Carniti), ed in un rapporto diretto con il movimento operaio e studentesco nel periodo ’69-’74, ha rappresentato in forme spesso antesignane il principale esponente politico di una terza via nella sinistra italiana.

A questo patrimonio di esperienza e di cultura oggi tutte le forze politiche, anche provenienti da altre esperienze, di natura movimentista o di formazione comunista, che intendono mantenere un profilo critico nei confronti del modello di società esistente, stanno approdando con convinzione, a compimento di un percorso politico che può realmente costituire la premessa della ricostruzione della Sinistra Italiana.
Tutti questi compagni vanno ormai riconoscendo il valore e l’utilità di una elaborazione teorica, e l’amore per la libertà e la democrazia di un dirigente SOCIALISTA dotato di grandissima qualità intellettuale e di uno spiccatissimo senso del dovere morale individuale.

Un dirigente SOCIALISTA che ha sempre lavorato per individuare una direttrice di azione politica per la sinistra che potesse coniugare nel senso pieno della parola il Socialismo, come ipotesi di società alternativa nei suoi valori e nei suoi assetti al capitalismo, e la Democrazia come pratica politica rispettosa, per dirla con Rosa Luxemburg, anche della "libertà di chi la pensa diversamente".

IV

L’attualità politica del pensiero di Lombardi deve essere valorizzata sopratutto per le indicazioni di metodo implicate dalla sua visione dell’ analisi dello sviluppo dei rapporti sociali.
La sua visione della politica delle alleanze risente infatti ancora di una considerazione della centralità della classe operaia, interpretata come classe generale nel senso marxiano del termine, che deve evidentemente essere riletta alla luce della riarticolazione dei soggetti produttori rispetto agli attuali processi di creazione della ricchezza sociale propri dei paesi più sviluppati.

La visione della società di Lombardi presenta in questo senso molti più aspetti di omogeneità nei soggetti sociali rispetto al dato odierno essendo stata elaborata in un quadro generale in cui i processi produttivi appartengono ancora alla fase della assoluta prevalenza del momento industriale nelle economie dei paesi occidentali più avanzati.

Ciò non toglie che torni oggi prepotentemente di attualità proprio il punto chiave del suo ragionamento relativo alla sottrazione del salario alla considerazione dei margini del profitto,che negli anni della affermazione prepotente del sistema economico e finanziario, oggi entrato nella profonda crisi di sistema a cui stiamo assistendo, e’ stato maggiormente avversato e considerato irreversibilmente caduco, anche nella analisi prevalente delle forze che fanno riferimento al Riformismo Socialista, in perfetta assonanza con la filosofia mercatistica divenuta egemone nella fase storica oggi in via di superamento.
In particolare trova nuova legittimità, stavolta non più sotto un profilo strettamente ed esclusivamente di classe, l’idea che il salario, come elemento centrale del reddito reale dei prestatori di lavoro dipendente ,debba assumere le caratteristiche di una variabile indipendente dei processi di produzione del valore aggiunto, assumendo una centralità nei rapporti sociali ed economici per lo meno della stessa valenza del profitto d’impresa.

Questa autentica "Bestemmia" Lombardiana, tale considerata, anche a sinistra, dalla nuova aggressiva cultura del mercato, dell’impresa e della prevalenza sociale del profitto, che ha dettato le regole del modello di sviluppo globale ,avviato inizialmente dal Tacherismo e dal Reaganismo e successivamente consolidato in seguito alla riunificazione dei mercati seguita alla fine del socialismo reale, torna oggi ad assumere un significato" politico" rilevante di fronte alla crisi di un sistema che ha preteso di sostituire il debito alla creazione di ricchezza reale, finalizzando l’incremento dei profitti realizzati con la diminuzione dei costi monetari e sociali del lavoro alla garanzia della aspettative di redditività dell’investimento in titoli o in altri strumenti finanziari di natura speculativa.

Il reddito del lavoro dipendente, diretta epressione della ricchezza effettivamente prodotta nei processi produttivi reali di beni e servizi, viene oggi a riaffermare ,oltre la sua valenza economica effettiva, il significato e la rilevanza "politica" di valore sociale assoluto, cardine di un diverso modello di sviluppo, specularmente contrapposto alla rendita finanziaria divenuta il principale fattore di sostegno della domanda aggregata in sostituzione della normale utilizzazione del credito quale elemento primario di espansione ed innovazione dei fattori produttivi.reali.

In tal senso è proprio la inquietante assenza di senso di responsabilità sociale dimostrata dalle classi dirigenti finanziarie ed imprenditoriali che rilegittima la rivalutazione di un pensiero sociale alternativo che ,all’interno di una nuova concezione dello sviluppo sociale ed economico , vuole restituire al reddito reale dei lavoratori, modernamnente intesi rispetto alle forme produttive esistenti, una nuova centralità quale elemento di garanzia, imprescindibile ed autonomo, non solo dell’equilibrio sociale, come finora è stato comunemente inteso, ma addirittura come fattore di continuita di una crescità economica complessiva, e come garanzia di equilibrio e stabilità di una rinnovata e governata concezione del mercato, inteso quale sistema di regolazione dello scambio dei beni e dei servizi realmente prodotti ,e legittimamente commerciabili secondo valutazioni di qualità e di valore riaffidate al momento istituzionale dell’esercizio democratico della sovranità.

In tal modo la concezione sociale del salario,articolata oggettivamente in relazione ad una nuova condivisa e partecipata concezione della produttività, fondata sulla organizzazione l'innovazione e la valorizzazione del fattore lavorativo umano, viene ad assumere nel vivo della dialettica tra le forze sociale una superiore rilevanza di natura" istituzionale" nelle stesse categorie della "economia politica", tale da consentire di ricostruire un consenso maggioritario attorno ad un progetto di riorganizzazione complessiva della società che trasforma i rapporti sociali ed economici in una logica di salvaguardia dello sviluppo.

Lascio quindi alla valutazione dei lettori la riflessione sulla portata innovativa di un simile sistema di pensiero, recuperato appieno al patrimonio culturale della cultura del SOCIALISMO EUROPEO.





10 Agosto 2009

dal sito  http://www.socialismoesinistra.it/web/home.html
 

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