lunedì 18 giugno 2012
UNA CONFERENZA INTERESSANTE di Stefano Santarelli
UNA CONFERENZA INTERESSANTE
di Stefano Santarelli
La pubblicazione di una nuova edizione, tra l’altro estremamente curata, del celebre testo di Victor Serge “Memorie di un rivoluzionario” da parte della Massari editore costituisce una iniziativa editoriale di notevole importanza.
Importante proprio per la figura straordinaria di Victor Serge, un bolscevico veramente originale la cui formazione politica è inizialmente anarchica. E benché continuasse a considerarsi anarchico aderisce nel 1919 al Partito bolscevico partecipando poi alla fondazione dell’Internazionale comunista organizzandone così il primo servizio stampa. Serge ha avuto la fortuna di partecipare ai processi rivoluzionari più significativi del Novecento (dalla Rivoluzione russa a quella spagnola).
Con l’avvento della dittatura staliniana il destino di Serge è segnato, può solo dedicarsi alla stesura di romanzi:
“Concepisco la letteratura come un mezzo di espressione e di comunione tra gli esseri umani: un mezzo particolarmente potente agli occhi di coloro i quali vogliono trasformare la società. Dire ciò che si è, ciò che si vuole, ciò che si vive, ciò per cui si soffre e si lotta, ciò che si conquista. Bisogna dunque far parte di chi lotta, soffre, cade conquista.”
Egli è il primo ad elaborare il concetto di totalitarismo accomunando lo stalinismo al nazismo e al fascismo, un concetto poi reso famoso da Hannah Arendt la quale però non riconoscerà a lui nessun merito teorico.
Espulso dalla Russia nel 1936 dopo aver attraversato la Polonia e la Germania nazista raggiunge Bruxelles dove riprende i contatti epistolari con Trotsky allora in esilio in Norvegia.
Nel 1936 allo scoppio della Rivoluzione spagnola diventa corrispondente dell’organo del POUM, la Batalla. In prima fila nella lotta contro le calunnie dei Processi di Mosca collabora con la Commissione Dewey che doveva stabilire se Trotsky fosse o non fosse una spia nazista.
Nel 1940 giunge come il grande rivoluzionario russo anche lui a Città del Messico dove poi troverà la morte nel 1947 secondo alcuni, tra cui lo stesso Massari, per opera degli agenti stalinisti.
Un personaggio quindi di grande valore e spessore che è però quasi sconosciuto al grande pubblico, specialmente quello italiano.
E questo nonostante la fortuna dei suoi lavori letterari. Ricordiamo infatti che in Italia le “Memorie di un rivoluzionario” venne pubblicato la prima volta nel lontano 1956 con un discreto riscontro editoriale: ben quattro edizioni tra l’altro di case editrici di primo piano come La Nuova Italia e la Mondadori e che hanno venduto decine di migliaia di copie
Questa nuova edizione ha quindi il pregio di riproporre al pubblico italiano un testo che ha superato la prova del tempo e che è “indispensabile per capire la tragedia delle rivoluzioni sconfitte che è al tempo stesso, un classico della letteratura e una commovente testimonianza umana” (Claudio Albertani).
Ed è proprio per valorizzare un testo ed un autore veramente importante per tutta la sinistra che l’editore Roberto Massari ha organizzato a Roma il 15 giugno una interessante conferenza con la partecipazione di due dei più importanti dirigenti sindacali del nostro paese come Giorgio Cremaschi e Piero Bernocchi.
Sintetizzo qui brevemente questi tre interventi di notevole spessore.
Cremaschi dopo un interessante excursus storico ha sottolineato l’ispirazione morale del lavoro di Serge. Una battaglia quella di Serge che si indirizza su due fronti: da un lato contro l’avversario di classe e dall’altro contro le degenerazioni bolsceviche. Sottolineando la differenza di fondo esistente tra il totalitarismo nazista e fascista nei confronti di quello stalinista. Infatti mentre il totalitarismo nazista e fascista realizzò il suo programma politico, basti solo pensare al “Mein kampf” di Hitler. Quello stalinista al contrario tradì il suo stesso programma, quello comunista, che si batteva per la libertà, la democrazia e i diritti dei ceti più deboli della società.
E l’attualità di questo testo emerge oggi più che mai nell’odierno momento politico che vede una profonda crisi del sistema capitalista che si avvita su se stessa. Facendo così emergere la necessità di una alternativa a questo sistema e quindi di un cambiamento di fondo.
Cremaschi ha ricordato giustamente che nessun rivoluzionario ha fatto le rivoluzioni, ma solo le masse popolari quando esse non hanno più nessuna possibilità di ottenere dei cambiamenti tramite le riforme. E oggi è necessario battersi contro lo strapotere della burocrazia che soffoca i diritti della maggioranza della popolazione.
L’intervento di Bernocchi è stato forse quello più interessante dal punto di vista teorico.
Infatti ha sottolineato come il totalitarismo staliniano si trovasse già in nuce nel marxismo. Rivalutando così il celebre testo di Bakunin “Stato e Anarchia” dove veniva descritta 60 anni prima la dittatura staliniana. Ed infatti gli anarchici denunciarono per primi la dittatura del partito.
Marx d’altronde era convinto che con l’avvento del proletariato al potere terminassero i conflitti, ma questi conflitti purtroppo esisteranno sempre perché ci saranno sempre interessi diversi.
Neanche la grande Rosa Luxembourg metteva in discussione il predominio e la centralità del partito. E questa idea dell’unicità del partito e del sindacato si trovava quindi già nello stesso Marx. Non è quindi una invenzione staliniana.
E tornando all’attualità Bernocchi ha sottolineato che viviamo in una fase di transizione in cui può succedere di tutto e non sempre in senso positivo.
L’ultima relazione di Roberto Massari, che ricordiamo non è solo un editore ma è stato un dirigente storico della Quarta internazionale, si è soffermata sulla figura di Victor Serge. Un uomo che abbraccia tutta la storia del 900: il mondo anarchico, la Rivoluzione russa, la crisi dello stalinismo.
Serge è certamente un grande intellettuale, ma non è un teorico. Questi avvenimenti non li studia: li vive.
Per quanto riguarda il testo in questione bisogna riconoscere che le “Memorie di un rivoluzionario” è un bel libro anche dal punto di vista estetico come ha dichiarato lo stesso Massari che lo ha tradotto.
E questo libro conferma la grande qualità letteraria di questo rivoluzionario che è stato anche un grande romanziere.
In Serge vive una profonda nostalgia della I Internazionale, il cui vero nome ricordiamolo era Associazione internazionale dei lavoratori. Una Associazione estremamente eterogenea, dove non esisteva un verbo unico. Vi si trovavano anarchici, comunisti, ma anche mazziniani, garibaldini.
E quando si rompe questa storia si assiste ad una gigantesca tragedia. Una tragedia che ha provocato un grandissimo trauma e di cui le maggiori responsabilità sono di Marx.
Nell’ottobre del ’17 si prende il potere con la consegna “Tutto il potere ai Soviet ”. E sono ben sette le forze politiche organizzate che guidano questo processo rivoluzionario: il Partito bolscevico, certo, ma anche quello Menscevico e il Partito Socialista Rivoluzionario (che occorre ricordarlo aveva la maggioranza nei Soviet) e ben quattro formazioni anarchiche anch’esse per dare tutto il potere ai Soviet. Eppure un mese dopo al governo troveremo soltanto il Partito bolscevico con i socialisti rivoluzionari di sinistra, i quali resteranno al potere coi bolscevichi fino al marzo 1918 (pace di Brest-Litovsk). E questo nuovo governo farà subito nascere la Ceka, cioè la polizia politica, facendo quindi iniziare una degenerazione che provocherà la più grande tragedia della rivoluzione russa: la dittatura stalinista.
Questa conferenza è stata, come si può facilmente comprendere sia pure in questa mediocre sintesi, di grandissima levatura intellettuale di cui purtroppo non siamo più abituati a vedere dentro la sinistra italiana.
Voglio terminare dando la parola proprio a Victor Serge:
“(…) una trentina d’anni fa, con delle scoperte che hanno cresciuto prodigiosamente la potenza tecnica dell’uomo – senza accrescere proporzionalmente la sua coscienza - siamo entrati in un ciclo di trasformazione del mondo. Vi siamo entrati prigionieri di sistemi sociali logori al punto di non avere più alcuna possibilità di sviluppo. Formati a loro volta da un mondo sorpassato, i più lungimiranti e i meglio intenzionati tra i militanti della mia generazione si sono spesso rivelati, nelle tormente più che semiciechi. Nessuna dottrina ha resistito all’urto. Niente di sorprendente, per questo. Tanto valgono l’uomo e la dottrina, tanto valgono il mondo e l’uomo. E tuttavia non è un circolo vizioso. Alcune grandi linee degli eventi in corso di realizzazione si sprigionano dal caos.
Non sono più i rivoluzionari che fanno l’immensa rivoluzione mondiale, sono dei dispotismi insensati che l’hanno scatenata suicidandosi. E’ la tecnica industriale e scientifica del mondo moderno che rompe brutalmente con il passato e mette i popoli d’interi continenti davanti alla necessità di ricominciare la vita su nuove basi.
Che queste basi debbano essere, non possono essere che di organizzazione razionale, di giustizia sociale, di rispetto della persona umana, di libertà, e questa per me attuale.
L’avvenire mi appare, quali che siano le nuvole all’orizzonte, pieno di possibilità più ampie di quelle che avevamo intravisto nel passato. La passione, l’esperienza amara, gli errori della generazione combattente alla quale appartengo possono illuminare un po’ le strade. A questa sola condizione, divenuta un imperativo categorico: non rinunciare mai a difendere l’uomo dai sistemi che pianificano l’annientamento dell’individuo.”
16 giugno 2012
dal sito http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/
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