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sabato 6 giugno 2015

TSIPRAS:"NON VOGLIAMO UN ACCORDO VOGLIAMO UNA SOLUZIONE"




TSIPRAS:"NON VOGLIAMO UN ACCORDO VOGLIAMO UNA SOLUZIONE"
di Pavlos Nerantzis



Grecia. Il premier: «No ai ricatti e alle umiliazioni. Dalle istituzioni proposte assurde. Vogliamo risolvere in modo definitivo la questione del debito e mettere fine ai timori di Grexit»



Le forze poli­ti­che gre­che sono tutte d’accordo sulla posi­zione netta del governo greco di non accet­tare ulte­riori misure restrit­tive, ovvero il piano pro­po­sto dai cre­di­tori, per­ché «le con­se­guenze saranno cata­stro­fi­che per il paese». È quanto emerso ieri dal dibat­tito par­la­men­tare, dopo che un allarme all’esecutivo era par­tito anche dalla società, dai com­mer­cianti, dal mondo impren­di­to­riale, ai consumatori.

Senza mezze parole viene spe­ci­fi­cato da tutti che se — come richie­sto dalla tro­jaka — «l’Iva sarà aumen­tata di dieci punti» la reces­sione diven­terà ancora più profonda.

Secondo un nuovo stu­dio sulla situa­zione finan­zia­ria delle fami­glie gre­che pre­sen­tato da eco­no­mi­sti dell’Università di Atene «nei primi cin­que anni della grave crisi eco­no­mica, la fami­glia media ha perso quasi quat­tro decimi del pro­prio red­dito». La mag­gior parte delle per­dite regi­strate (il 23,1%) sono state in red­dito diretto. Un ulte­riore 8,8% è stato perso a causa di una mag­giore impo­si­zione fiscale e un altro 7% per l’inflazione non com­pen­sata da un aumento del red­dito nel periodo 2008–2012. La ricerca — che si basa sulle dichia­ra­zioni dei red­diti di 5,2 milioni di con­tri­buenti — sostiene inol­tre che nello stesso periodo preso in esame, la per­cen­tuale dei greci che vive al di sotto della soglia di povertà è pas­sata dal 27,9% al 31,1%.

Poche ore dopo l’incontro a Bru­xel­les tra Tsi­pras e Junc­ker , le rea­zioni ad Atene hanno preso la forma di una valanga. Certo la riu­nione è stata «buona» e «costrut­tiva» e ne segui­ranno altre, ma a sen­tire il pre­mier greco, cosa che ha fatto notare durante una tele­con­fe­renza a Mer­kel e Hol­lande, le pro­po­ste pre­sen­tate dai cre­di­tori aumen­te­reb­bero la povertà e la dis­so­cu­pa­zione, oltre a non essere state discusse al Brus­sels Group.

L’accordo sarebbe die­tro l’angolo, ma nes­suna delle due parti è dispo­sta a fare mar­cia indie­tro. Oltre a Tsi­pras non è da esclu­dere che pure i cre­di­tori pos­sano chie­dere un pro­lun­ga­mento dei nego­ziati per far pas­sare le loro pro­po­ste, ovvero un nuovo pesante memo­ran­dum invece di una «solu­zione» come chie­sto in modo ener­gico da Tsi­pras in par­la­mento. Di fatto, dopo la dichia­ra­zione del pre­mier greco, le voci più cri­ti­che sono quelle dei strati medi e dei par­la­men­tari di Syriza i quali que­sta volta pro­ven­gono non sol­tanto dalla potente oppo­si­zione interna, la «Piat­ta­forma della Sini­stra», bensì da tutte le com­po­nenti della sini­stra radi­cale greca.

In que­sto ambito Tsi­pras ha fatto due mosse: ha deciso di accor­pare i quat­tro paga­menti di giu­gno al Fmi in un unico esborso il 30 giu­gno e ha chie­sto la riu­nione straor­di­na­ria del par­la­mento. Il suo obiet­tivo era dop­pio: otte­nere il con­senso più largo pos­si­bile sia al seno del suo par­tito, sia dall’opposizione; gua­da­gnare tempo nei con­fronti dei suoi inter­lo­cu­tori internazionali.

La neces­sità è di arri­vare ad un accordo al più pre­sto pos­si­bile per­ché l’economia reale sof­fre, come ha sot­to­li­neato l’ ex pre­mier Anto­nis Sama­ras, lea­der dei con­ser­va­tori della Nea Dimo­kra­tia. Sama­ras deve fare i conti con tanti diri­genti «neo­de­mo­cra­tici» e una parte del suo par­tito che si schie­rano a favore di un even­tuale accordo tra il governo e i cre­di­tori internazionali.

Il prin­ci­pale par­tito dell’opposizione greca è con­tra­rio all’eventualitá di ele­zioni anti­ci­pate, ipo­tesi che viene avan­zata da alcuni diri­genti di Syriza in caso non ci sarà un accordo con i cre­di­tori, men­tre pro­muove l’idea di un governo di unità nazio­nale (pro­spet­tiva già rifiu­tata dal governo).

Più o meno simile è stata la posi­zione del Pasok, che si trova in un momento dif­fi­cile della sua sto­ria. Dopo la seconda scon­fitta elet­to­rale, ieri il Par­tito socia­li­sta greco ha aperto i lavori del suo con­gresso in vista delle ele­zioni, il 14 giu­gno, di un nuovo lea­der al posto di Evan­ghe­los Veni­ze­los il quale ha già reso noto che non si ricandiderà.

Il con­gresso è comin­ciato tra le pole­mi­che dei can­di­dati in carica con Fofi Gen­ni­mata, già sosti­tuto mini­stro della difesa durante il governo di coa­li­zione tra con­ser­va­tori e socia­li­sti, a lan­ciare accuse con­tro il segre­ta­rio del par­tito, Nikos Androu­la­kis, can­di­dato pure lui, per­ché «avrebbe inter­fe­rito con la sele­zione dei mem­bri del congresso».

Sta­vros Teo­do­ra­kis, il lea­der del «Potami» (Il fiume), la nuova for­ma­zione nell’area del centro-sinistra, si è schie­rato con Tsi­pras, pur cri­ti­can­dolo di aver perso troppo tempo senza in realtà trat­tare con i cre­di­tori. A favore di «una rot­tura con l’ Europa impe­ria­li­sta» sono i comu­ni­sti del Kke, il Par­tito comu­ni­sta di Gre­cia. «Se si ottiene un accordo sarà comun­que simile a quelli che hanno fir­mato i governi pre­ce­denti» ha detto il segre­ta­rio del par­tito, Dimi­tris Koutsoumbas.



5 Giugno 2015

da Il Manifesto



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