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domenica 26 marzo 2017

BREVI CONSIDERAZIONI SULLA GIORNATA EUROSTOP DI IERI, SABATO 25 MARZO 2017 di Lorenzo Mortara






BREVI CONSIDERAZIONI SULLA GIORNATA EUROSTOP DI IERI, SABATO 25 MARZO 2017  
di Lorenzo Mortara



1 – In fondo chi dice che senza uscire dall’Unione Europea, non sia possibile cambiare in alcun modo le politiche così mal dette di austerità, cioè le consuete politiche di sfruttamento del Capitale, sta dicendo in termini marxisti che la sovrastruttura politica dell’Europa è molto più importante della sua struttura economica capitalistica. Il marxismo non è dogmatico come pensano i liberali, può anche ammettere un cambiamento delle sue leggi, ma essendo una scienza chiede almeno che si spieghi con precisione dove e quando sia avvenuto un simile ribaltamento di paradigma, cosa che i sovranisti nazionali di sinistra si guardano bene dallo spiegare. L’idea quindi che non sia possibile alcuna politica difensiva del proletariato all’interno dell’Unione Europea, è un semplice assioma, e come tale basta e avanza per catalogarlo tra gli errori d’impostazione che infiniti lutti hanno portato agli operai e che ancora ne porteranno se non verranno corretti. La struttura dell’Europa da 60 anni a questa parte, non è cambiata ed è il capitalismo. Se era possibile allora ottenere risultati parziali, è possibile anche adesso. Decide la lotta di classe, non quella istituzionale. In fondo i sovranisti non fanno che ribadire che bisogna partire dall’alto delle istituzioni borghesi anziché dal basso dello scontro proletario nelle fabbriche.

2 – Il fallimento di Tsipras, non è l’ulteriore prova, come pensano i sovranistidi sinistra, che l’UE è irriformabile. Questo modo di vedere non è che l’ulteriore credito dato all’ultima banderuola dell’opportunismo greco. Tsipras non prova l’irriformabilità della UE, ma il fallimento regolare e ciclico dei riformisti al momento del dunque. Prima di fallire miseramente come i suoi predecessori del 4 Agosto 1914, della Spagna del 1937, del Cile del 1973, eccetera, Tsipras è andato in giro per l’Europa a rassicurare tutti i padroni, non ha mosso un dito verso gli armatori greci, in breve si è scavato la fossa da solo. Se è destino dei riformisti non imparare niente dalla Storia, a maggior ragione dovrebbe essere compito dell’estrema sinistra non spiegarne le lezioni sulla base dei loro fallimenti. Le riforme sono un sottoprodotto della lotta di classe rivoluzionaria, e solo una lotta di classe energica e conseguente può dimostrare se l’UE è irriformabile o no. Se Tsipras l’avesse spinta avanti davvero, anziché stopparla a tutti i costi, ora sapremmo concretamente se all’interno dell’Unione Europea è ancora possibile strappare riforme, o se per una qualunque riforma è necessario, più che uscire dall’Euro, uscire dal capitalismo facendo entrare nell’Europa del Capitale il socialismo greco che farà da miccia per darla alle fiamme una volta per sempre. Sapremmo insomma se sono possibili due fasi, prima l’uscita dalla Unione Europea e poi dal capitalismo, oppure una sola. Poiché, però, le due fasi sono di staliniana memoria e patrimonio di pressoché tutta la sinistra comunista ma non marxista, possiamo istintivamente pendere per l’unica fase di trapasso dall’Unione Europea al socialismo internazionale, contro ogni utopia più o meno mascherata di ritorno al capitalismo nazionale.E tanto più che le due fasi non le ha mai viste nessuno, nemmeno gli stalinisti che, notoriamente, vedono anche gli asini volare.

3 – La smania di voler a tutti costi uscire dall’Unione, puntando sistematicamente il dito contro la moneta, contro Maastricht, contro il liberismo, e praticamente mai verso il capitalismo, porta a ignorare l’attuale processo di disgregazione dell’Unione. Dopo Brexit e Trump, tale processo ha avuto un’accelerazione. Ormai Merkel e Trojka, parlano apertamente di Europa a due velocità. E due velocità sono il preludio di un’Europa a quattro, poi a otto fino alla disgregazione completa dell’Unione. Non sono i presunti populismi a disgregare l’Europa, come vorrebbe la vulgata reazionaria dei giornali, ma le borghesie nazionali stesse. E i sovranisti di sinistra corrono il rischio di fare tanti schiamazzi per un’uscita dall’Euro che nel giro di poco potrebbero essere le borghesie nazionali a portare a termine. Val la pena di perdere le energie migliori per qualcosa che è sostanzialmente già nei fatti e irreversibile? Non sarebbe meglio tornare a lottare per salari più alti, per riduzioni di orario a 30 ore e per pensioni dignitose a 50 anni? Cosa succederebbe ai sovranisti di sinistra se le borghesie nazionali disgregassero l’unione sotto i loro occhi? Una volta scoperto che per noi cambia poco o niente, troveranno un altro bersaglio immaginario o finalmente accetteranno che il nemico è ancora e sempre in casa nostra? Prima di imbarcarsi in nuove avventure, non sarebbe più saggio attenersi alle vecchie ricette, le uniche che non hanno mai tradito?


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