Diari di Cineclub

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venerdì 3 aprile 2015

LA SINISTRA E IL M5S di Aldo Giannuli





LA SINISTRA E IL M5S
di Aldo Giannuli




La sinistra italiana ha digerito molto male la nascita del M5S ed il suo rapido successo e non perde occasione per manifestare la sua antipatia, spesso con punte decisamente isteriche. Un atteggiamento comune alla grande maggioranza dei dirigenti, degli attivisti ed anche alla base delle formazioni di sinistra, senza distinzioni: dal Pd renziano a quello di sinistra, dai centri sociali a Sel, da Rifondazione al PdCI, con l’eccezione solitaria di Civati che ha provato timidamente a dialogare con il M5S.

I bersaniani non perdonano al M5S di esistere, perché senza di loro il Pd avrebbe stravinto le elezioni del 2013 e poi di aver rifiutato ogni dialogo per un governo Bersani sostenuto dall’esterno dal M5S.

Rifondazione e PdCI di aver assorbito lo spazio politico dell’opposizione impedendogli prima di raggiungere la soglia del 4% e dopo di sottrargli ogni visibilità.

I centri sociali vedono il M5S come pompieri ultra legalitari che gli sottraggono consensi che, altrimenti, andrebbero certamente a loro.

Sel lo vede come un invadente vicino che li mette in ombra e che ha spinto oggettivamente verso il governo Letta prima e Renzi dopo, spaccando la sua alleanza con il Pd.

I renziani considerano i M5S come un fastidiosissimo pungolo che non dovrebbe esistere e (purtroppo) esiste. E della stampa (Repubblica ed Espresso in testa) non parliamo.

E tutti rimproverano al M5S mancanza di democrazia, populismo, assenza di progetto, essere agenti nascosti del neo liberismo se non proprio para-fascisti ecc ecc. E magari si fanno capriole per dimostrare l’indimostrabile (come per l’accusa di cripto liberismo o di para fascismo).
Beninteso, non tutte le critiche al M5S sono infondate come queste (e non mi pare di aver mai taciuto in proposito come sul tema della democrazia e sull’eccessiva rigidità ideologica), quanto alla stampa, se è vero che tratta malissimo il M5S e chi (come il sottoscritto) gli si accosta, è anche vero che il M5S un po’ se la va a cercare, con un atteggiamento troppo polemico.

Ma l’ostilità va molto oltre le motivazioni dichiarate e rivela un malanimo più profondo, che supera persino l’odio che investì i radicali nella loro migliore stagione.
A veder bene, i più giustificati sono i bersaniani che devono al M5S il doppio capitombolo del risultato elettorale e della mancata formazione del governo. A suo tempo (chi non ci crede vada a rivedersi quello che scrissi nella primavera di due anni fa) sostenni che il M5S stava perdendo una grande occasione negando anche solo l’astensione al Senato nei confronti del governo Bersani, al quale avrebbe potuto porre condizioni molto onerose: dalle elezioni entro un anno, ad una serie di provvedimenti legislativi (dal ripristino della proporzionale, alla legge anticorruzione ed a quella sul conflitto di interessi) che avrebbero permesso al M5S di arrivare alle elezioni con un ingente bottino di vittorie politiche. E, fra l’altro, ci saremmo risparmiati la rielezione di Napolitano, il governo Letta, il patto del Nazareno, la vittoria di Renzi eccetera eccetera. Ma, all’epoca il M5s era troppo acerbo per un approccio alla politica così disincantato (anche oggi fa fatica a distinguere fra intese politiche e contaminazioni antigieniche). Quindi, un po’ di risentimento da parte dei bersaniani è comprensibile e giustificato, anche se poi i loro torti sono molto più pesanti.

Molto meno giustificato è l’odio da parte dei vari frammenti che vengono dal tronco di Rifondazione (Sel, PdCI, diaspora dei gruppi minori oltre, ovviamente, alla stessa Rifondazione superstite). In primo luogo, se uno ha perso 3 elettori su 4 deve chiedersi perché, fare i conti, come direbbe Marx, con la propria precedente esperienza. Cosa che Rifondazione e derivati non hanno mai avuto l’onestà intellettuale di fare. Se dopo (ma solo dopo) un altro si presenta ed al primo colpo prende il 25% prendendo più del doppio di quanto non abbia mai preso il primo, l’atteggiamento più corretto è quello di chiedersi come abbia fatto, cercare di carpirne i segreti. Mentre non ha nessun senso prendersela con chi ha avuto quel successo. Qui siamo al paradosso che il M5S, pure in discesa, ha comunque un elettorato che è quasi due volte e mezzo quello che il Prc aveva ai suoi tempi belli e questo è un capo d’accusa, non un motivo di riflessione per chi non è mai riuscito ad avere quei consensi.

La verità, duole dirlo, ma a volte occorre essere molto duri, Rifondazione è fallita perché è stata guidata da un apparato di burocrati nullafacenti e incapaci di proposta politica, che volevano solo vivere di rendita di un simbolo. Il Prc non ha prodotto un grammo di cultura politica, di proposta, non ha neppure cercato di analizzare le trasformazioni sociali, economiche e culturali di un mondo che cambiava velocissimamente, si è accontentata di quattro slogan messi insieme alla bell’e meglio e si è accucciata ai piedi della Quercia, ritenendo bastevole lo status di principale cespuglio.

Quando, come nel 1998, ha rotto quella alleanza (in verità, più per gli attriti personali fra Cossutta e Bertinotti che altro) non ha saputo offrire alcuna alternativa credibile, tanto che poi (dopo il giro di valzer con i disobbedienti nel 2001), è tornata in braccio allo stesso Pd addirittura entrando nel governo, con i risultati che sappiamo.

Questo pagliaccesco comportamento ha retto per sedici anni, dopo il giocattolo si è rotto. Ma neppure la sconfitta del 2008 è servita ad avviare una onesta autocritica: il manipolo di funzionari la cui vera funzione era quella di ciondolare fra una stanza e l’altra della direzione nazionale o delle federazioni principali, non aveva né la capacità né la voglia di farlo.

E ve la prendete con il M5S? L’odio per gli aborriti “grillini” è solo lo schermo per non fare i conti con la propria incapacità. Quanto, poi, al “populismo” del M5S, ma vi ricordate il “populismo di sinistra” di Ferrero e le sue michette? Era questa la risposta alla crisi?

A Sel è andata un po’ meglio, essendo rientrati in Parlamento e con larga messe di deputati, grazie al ricco premio di maggioranza, ma si tratta di una esistenza precaria e marginale, sempre insidiata dal richiamo della foresta del Pd. A proposito, nel maggio scorso scrissi dei propositi scissionisti della “banda Migliore” e mi beccati la sfuriata di un paio di lettori vicini a Sel che mi accusarono di ripetere le calunnie della stampa di regime e che erano tutte falsità. Mi pare che non fossero proprio falsità, visto che poi Migliore e& c. sono effettivamente passati al Pd e nei ranghi della maggioranza renziana (congratulazioni!).

Di fatto anche Sel non tenta alcuna operazione di avvicinamento al M5S, anche se riconosco che è cosa tutt’altro che semplice.

Ed anche i ragazzi dei centri sociali, ai quali sono sempre stato vicino e che considero con affetto come i giovani più promettenti di questo spezzone di sinistra sopravvissuta, rifiutano di fare un bilancio della propria esperienza. I centri sociali esistono dalla fine degli anni settanta, vale a dire da quasi quaranta anni ed hanno avuto la loro migliore stagione fra gli anni novanta ed i primi del 2000, cioè oltre quindici anni fa. Hanno dato vita ad una militanza generosa (quanto, spesso, ingenua), hanno realizzato molte esperienze sociali (ambulatori popolari, lotte in difesa del diritto alla casa, movimento No Tav o no Expo ma hanno raccolto pochissimi successi e, soprattutto non sono riusciti a costituirsi in soggetto politico nazionale. Funziona –e poco- solo qualche coordinamento regionale. Non è un grande risultato dopo quasi venti anni. Ma, dirà qualcuno, i centri sociali non vogliono misurarsi sul terreno istituzionale che ritengono un diversivo (anche se mi pare il discorso della volpe e dell’uva), quanto sul piano di “quanta gente portiamo in piazza”. E sia, ma anche su questo piano, di occasioni di qualche consistenza (intendo nell’ordine di qualche decina di migliaia di persone) se ne ricordano pochine ed in genere sprecate dalla logica degli scontri a tutti i costi, il cui principale risultato è stato quello delle decine di militanti finiti in galera. Ho sempre sostenuto le campagne per la loro liberazione ed ancora lo farò perché i compagni non vanno mai lasciati soli davanti alla repressione, ma… si potrebbe evitare questa inutile ginnastica “rivoluzionaria”? A che serve?

Anche perché, l’effetto poi è l’isolamento sociale dell’are antagonista che resta una frazione minoritaria che ha una qualche consistenza solo nelle grandi città. Insomma, il seguito, non dico elettorale, ma sociale dell’area antagonista arriva all’1%? Ne dubito.

Ed allora, che senso ha l’ostilità verso il M5S che non fa concorrenza su nessuno dei terreni praticati dall’area antagonista? Sembra un po’, scusatemi, la gelosia del bambino nei confronti di quello che ha il giocattolo più bello, anche se lui quel giocattolo poi non lo userebbe. C’è molto infantilismo in questo atteggiamento.

La cosa più deprimente è che i militanti di sinistra rifondarola, antagonista, o Sel, pensano che il problema si risolva aspettando che il M5S imploda perdendo tutti i suoi consensi e stanno seduti ad aspettare che accada. Peccato che, se pure accadesse, i rivoli che ne uscirebbero si dirigerebbero solo in misura risibile verso le loro organizzazioni mentre il grosso andrebbe nell’astensione e il resto verso il Pd o la Lega: bel risultato!

In ogni caso io sono convinto, come ho già scritto, che il M5S stia attraversando un periodo di trasformazione soprattutto organizzativa molto difficile e contraddittorio, e sono perfettamente cosciente che non è detto che questa trasformazione riesca o che riesca in tempo. Anche per il M5S è partito l’orologio che scandisce il tempo che resta prima dell’esito. Se al momento zero la trasformazione sarà completata in modo soddisfacente, metterà radici diventando un soggetto stabile del nostro sistema politico e con possibilità di vittoria. Ma se questo non sarà stato, farà la fine degli altri, finendo a pezzi (come è stato per i radicali, i verdi, l’Idv, la stessa Rifondazione). Ma il momento zero credo che arriverà in un tempo medio (diciamo tre-cinque anni) mentre nell’immediato è probabile che continui ad essere una forza di almeno il 15-20% alle politiche (diverso è il discorso delle regionali ed amministrative dove, probabilmente, i risultati saranno molto più avari).

Ed avete voglia di restare in panchina per tutto questo tempo? Forse conviene adattarsi all’idea che con il M5S occorrerà farci i conti almeno per alcuni anni ancora. Ma, soprattutto, se si vuole costruire davvero una sinistra capace di incidere e non un nosocomio per funzionari a riposo, forse sarebbe il caso di darsi da fare per cambiare aria, sbaraccare le solite facce che sanno di sconfitta, riaprire una dialettica politica vera, fatta più di idee che di sigle, costruita con modalità comunicative adatte ai tempi. E qui, forse, se si studiasse, con più freddezza e senza mal di pancia, l’esperienza del M5S, qualche buona idea potrebbe venir fuori.


2 aprile 2015



dal sito http://www.aldogiannuli.it/




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