Diari di Cineclub

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venerdì 13 novembre 2015

LA FORZA DI RENZI di Marino Badiale




LA FORZA DI RENZI
di Marino Badiale



Dopo Italicum e Jobs act, Renzi ha ottenuto anche la cosiddetta riforma del Senato. Senza grosse difficoltà, in questo caso come nei precedenti. A Renzi sta riuscendo, con una certa facilità, ciò che Berlusconi ha tentato inutilmente (o quasi) di fare per vent'anni.
Penso sia il caso si chiedersi le ragioni di questa forza. Per rispondere, bisognerebbe prima chiedersi le ragioni della “debolezza” di Berlusconi. Mettiamo“debolezza” tra virgolette, perché ovviamente la parola è da prendere cum grano salis. Berlusconi ha sempre avuto, ed ha tuttora, un grande potere, i cui vari aspetti diamo qui per noti.
Osserviamo solo che la sua vita politica copre gli ultimi vent'anni: in questi vent'anni egli è stato al potere per circa dieci, ed è stato comunque influente anche negli altri dieci. Ma sono proprio i dati oggettivi che mostrano la reale forza di Berlusconi a porre con evidenza il problema.
Come mai in vent'anni di attività politica ai massimi livelli egli non è riuscito a devastare la Costituzione, conculcare la democrazia e abbattere i diritti dei lavoratori in maniera così completa come è riuscito in pochissimo tempo a Renzi? La prima risposta che viene in mente è che Berlusconi era sì forte, ma ha anche suscitato contro di sé forti opposizioni. Il ceto politico si è sempre profondamente diviso, di fronte ai suoi tentativi di cambiamenti regressivi delle istituzioni. Ma perché? Non certo per motivi morali o ideali. L'attuale ceto politico non conosce né etica né idee. Poiché l'unica cosa che esiste, per l'attuale ceto politico, sono gretti interessi materiali, è evidente che il problema di Berlusconi stava nel fatto che egli non era in grado di soddisfare tutti questi interessi, o almeno una loro parte tanto consistente da dargli maggioranze capaci di fare ciò che ha fatto Renzi. In sintesi, non c'era trippa a sufficienza per tutti i gatti, o almeno per una loro parte consistente.

E la lotta spietata per accaparrarsi le risorse dell'apparato statale rendeva impossibili accordi sufficientemente saldi da far passare grandi cambiamenti istituzionali. Ma cos'è cambiato con Renzi? È evidente che le risorse statali non sono aumentate. Perché adesso si riesce a coagulare un consenso del ceto politico?

Credo che una risposta possibile, o almeno una parte della risposta, sia che la lotta spietata fra i vari gruppi affaristico-criminal-feudali che formano l'attuale ceto politico è stata almeno in parte risolta. Ci sono vincitori e vinti, e i vincitori possono accordarsi grazie al fatto di aver fatto fuori i vinti.
Ma chi sono i vincitori e i vinti?
I vinti sono quella parte del ceto politico che è indicata come “sinistra”, e i sindacati. I vincitori (o almeno, non perdenti) sono tutti gli altri. Renzi ha umiliato la sinistra PD, mostrando che il suo potere di contrattazione è zero, e si appresta a eliminarla definitivamente dal Parlamento con le prossime elezioni. Ai sindacati viene tolta ogni capacità di trattativa, ogni peso e rilevanza. Il fatto che due parti, piccole ma non piccolissime, dell'attuale ceto politico-affaristico siano così tolte di mezzo (almeno in prospettiva), libera ovviamente risorse per tutti gli altri.

Partendo da questa ipotesi interpretativa, si è inevitabilmente portati ad una ulteriore domanda. Infatti è ovvio che anche Berlusconi, nei suoi momenti di potere, sarebbe stato ben felice di far fuori il ceto politico “sinistro-sindacale”. Come mai lui non c'è riuscito, mentre invece Renzi sì?
Propongo la seguente risposta: gli sviluppi della crisi economica che si trascina da 7-8 anni stanno togliendo ogni forza e ogni peso alla sinistra. La sinistra sta diventando sempre più inutile. Per capire cosa intendo, dobbiamo prima capire qual era il ruolo sistemico del ceto politico “sinistro-sindacale” nella conformazione neoliberista che le nostre società hanno assunto negli ultimi decenni. Tale ceto politico aveva un ruolo fondamentale, che era quello di far accettare alle masse popolari politiche antipopolari.
Da decenni è chiaro, a chiunque abbia occhi per vedere, che la scelta strategica di fondo dei ceti dirigenti dell'Occidente capitalistico è la distruzione di tutti i diritti conquistati dalle masse popolari nel secondo dopoguerra. Questo attacco poteva però presentare dei pericoli, perché le masse popolari sembrano molto legate almeno ad alcuni di tali diritti, quelli davvero fondamentali (l'assistenza sanitaria, per esempio).
Il ruolo del ceto politico “sinistro-sindacale” era allora un ruolo di mediazione: si trattava di far accettare alle masse popolari la loro spoliazione, nascondendola dietro le parole della tradizione della sinistra (riforme, progresso, innovazione) e magari conducendola in maniera un po' graduale.

La crisi in cui siamo immersi da sette anni ha cambiato il quadro della situazione. Essa ha sottoposto le masse popolari dei paesi occidentali (in particolare nel Sud Europa) ad una autentica “terapia shock” analoga a quelle descritte da Naomi Klein nel suo “Shock Economy”.
È allora apparso evidente che le masse popolari sono incapaci di difendersi anche dalle aggressioni più odiose e micidiali, sono incapaci di ribellione anche quando vengono brutalmente impoverite.
Nei paesi dell'Europa del Sud, in tutto questo gioca ovviamente un ruolo fondamentale l'euro, un autentico sistema di governo che favorisce e protegge (dietro la minaccia “altrimenti bisogna uscire dall'euro”) gli attacchi brutali alle masse popolari ai quali abbiamo assistito in questi anni. Ma se questa è la situazione nuova determinata dalla crisi economica, e dai vincoli dell'euro, si può ragionevolmente ipotizzare che il ceto politico sinistro-sindacale stia perdendo il suo ruolo sistemico. Di esso non c'è più bisogno. Non servono mediatori. Non c'è bisogno di “far accettare” alle masse i brutali sacrifici che vengono loro richiesti. Le masse, a quanto pare, li accettano in ogni caso, senza ribellarsi.

La tendenziale cancellazione di quel ceto politico da parte di Renzi, in definitiva, potrebbe rappresentare la presa d'atto di questa inutilità sistemica. Questi sviluppi rappresantano, per il momento, una dinamica solo italiana. L'evoluzione di Syriza sembra infatti indicare che altrove la sinistra sia ancora utile per far accettare alle masse la propria spoliazione. Per questo, sarà interessante vedere come si evolverà la situazione greca.

Chiudo con due considerazioni. In primo luogo, la forza attuale di Renzi potrebbe essere di breve durata. L'attuale consenso di cui egli gode appare fragile. Le risorse liberate dall'eliminazione di una parte del ceto politico non sono così grandi, e tutti i problemi della crisi economica restano sul tappeto, irrisolti. Si può quindi pensare che gli attuali equilibri possano saltare, e Renzi con loro. Questo purtroppo non ci è di conforto. Il fatto che i singoli governi vengano sostituiti non impedisce che le loro azioni restino. Il governo Monti è caduto ma la rapina delle pensioni operata dal suo governo è rimasta. Così, forse il governo Renzi cadrà ma nessuno ci ridarà l'art.18 e la Costituzione del '48.

In secondo luogo, se quanto sopra detto ha senso, è chiaro che chi voglia opporsi alla brutale regressione sociale e civile verso la quale ci stanno portando gli attuali ceti dirigenti, non può fare affidamento su improbabili sollevazioni popolari. Purtroppo molti attivisti antisistemici sembrano condividere la rozza idea che il peggioramento delle condizioni materiali della masse faciliti l'opera dei rivoluzionari. I fatti dimostrano che non è così.
La crisi, l'attacco a redditi e diritti, invece di suscitare sollevazioni, è lo strumento fondamentale per ridisegnare Stato e società in funzione antipopolare, regressiva, barbarica. Il peggioramento delle condizioni di vita sta portando all'accettazione passiva di una realtà di impoverimento e regressione. La rabbia che tutto questo genera non si traduce in politica ma in imbarbarimento della vita quotidiana. Chi sta sotto non si ribella contro chi sta sopra ma se la prende con il proprio vicino, o con chi sta ancora più sotto. Tutto questo si radica, io credo, in aspetti profondi della configurazione che la psiche umana ha assunto all'interno della società attuale, aspetti che purtroppo gli attivisti antisistemici non tengono in considerazione.
Mi sembra che l'analisi su questi temi sia ancora all'inizio. Cercheremo in futuro di dare il nostro contributo.



5 Novembre 2015


dal sito Badiale & Tringali


La vignetta è dell'ISTITUTO LUPE


Questo articolo è stato pubblicato anche su "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=14649



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