Diari di Cineclub

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sabato 14 maggio 2011



LA FIOM E LA LOTTA DI CLASSE A COLPI DI SENTENZE
di Lorenzo Mortara

Con le prime sentenze dei tribunali ai ricorsi della Fiom, contro il Contratto separato firmato nel 2009 da Confindustria, Fim e Uilm, nonostante quello vecchio scada alla fine del 2011, le bacheche delle fabbriche si son riempite di volantini in favore dell’accusa o in favore della difesa.

A sinistra, la Magistratura conferma nove volte la validità del Contratto 2008 firmato anche dalla Fiom. A destra, la stessa Magistratura dà almeno una ragione a Fim e Uilm.
Il volantino della Fiom, rispetto a quello di Fim e Uilm è tanto più onesto quanto più ingenuo.

Secondo Fim e Uilm la sentenza in loro favore, sarebbe un clamoroso esempio di tutela all’incontrario della Fiom, in quanto le aziende vengono legittimate a chiedere indietro gli aumenti salariali ottenuti dalle due confederazioni gialle. Il ricorso della Fiom, dunque, si sarebbe concluso con un autogol per i suoi tesserati che pagheranno la sconfitta della loro dirigenza in termini di riduzione del salario e delle tutele.
Anche se credono di essere furbi, i burocrati di Fim e Uilm, non sono per niente intelligenti. La Fiom non ha bisogno di occultare alcuna sentenza, sono Fim e Uilm che cercano di distorcerle.
Fim e Uilm focalizzano l’attenzione, sfocandola lo stesso, su una sola sentenza, dimenticando apposta le altre nove. Corretto, però, sarebbe valutarle tutte, solo così è possibile dare un giudizio complessivo e onesto sulle azioni giudiziarie della Fiom.

Per ora, avendo vinto nove ricorsi su dieci, la Fiom ha tutelato nel 90% dei casi i suoi iscritti, e nel 100% quelli di Fim e Uilm o quelli restanti o non iscritti ad alcun sindacato. Tuttalpiù, la Fiom, avrebbe costretto i suoi iscritti, in un 10% dei casi, a restituire la mancia d’aumento piovuta più dalle mani della Confindustria che dal Contratto separato di Fim e Uilm. Già, perché se è vero che in questo caso, e solo in questo, Fim e Uilm hanno ragione a dire che gli iscritti alla Fiom potrebbero vedersi ridotto il loro salario, hanno torto a dire in malafede che, oltre al salario, vanno incontro alla riduzione delle tutele. Infatti, l’unica sentenza vagamente favorevole a Fim e Uilm, conferma che per gli iscritti alla Fiom il Contratto 2008 è ancora valido ed esigibile. Non prevedendo deroghe, non si capisce come i lavoratori Fiom possano essere meno tutelati dal vecchio contratto, rispetto agli iscritti Fim e Uilm che ce le hanno in quello nuovo. In quest’unico caso, i padroni potrebbero chiedere la restituzione dell’aumento salariale agli iscritti della Fiom, e subito dopo, non avendola più tra le balle, applicare le deroghe a quelli di Fim e Uilm e abbassare i loro salari al livello di quelli della Fiom o addirittura oltre. A quel punto però, agli iscritti di Fim e Uilm, basterebbe passare alla Fiom per difendersi dalla decurtazione del salario stabilita, previo deroga, dal loro stesso, nuovo Contratto.

Fin qui per la Magistratura e il diritto. Per loro disgrazia, non sono né l’uno né l’altra a stabilire salari e tutele, ma la lotta di classe e i rapporti di forza tra Capitale & Lavoro che i tribunali scalfino appena.

Per la lotta di classe, queste sentenze danno grosso modo ai lavoratori i diritti che avevano prima. Non risulta, infatti, che a sentenza emessa, sia cambiato qualcosa né dove si è vinto né dove si è perso. Laddove Fim e Uilm hanno vinto, il padrone può anche aver diritto alla restituzione degli aumenti salariali, ma non è detto che abbia la forza di farlo, specie se i “suoi” lavoratori saranno rappresentati in larga maggioranza dalla Fiom. Alla stessa maniera, dove ha vinto la Fiom o dove potrebbe anche vincere, i padroni passeranno come un rullo compressore sopra tutte le sentenze che gli daranno torto, se avranno davanti l’impotenza calabrache dei sindacalisti Fiom modello ex-Bertone.
Se c’è una cosa che davvero confermano le sentenze, non è la vittoria schiacciante della Fiom o il gol della bandiera di Fim e Uilm. Le sentenze confermano una volta di più che il diritto non è la Sacra Bibbia e nemmeno un teorema di matematica. Su questo è bene che riflettano quei lavoratori che ripongono tutte le loro speranze in denunce e tribunali, come fossero l’ultima parola di Dio. Le sentenze dimostrano che il codice è interpretabile più o meno come la Smorfia Napoletana. Inoltre, la Fiom, ha vinto solo il primo round. Salendo di grado, di appello in Cassazione, è molto probabile che al terzo e ultimo, le sentenze verranno ribaltate 9 a 1 a favore di Fim e Uilm, cioè dei padroni, confermando la verità di classe della giustizia borghese. Anche per miracolo non andasse così, appellarsi alla potenza dei tribunali borghesi, significa ammettere di non avere la forza di mobilitarsi nei luoghi di lavoro. Ma anche se non si ha la forza – ammesso e non concesso che sia così – ciò non significa che i lavoratori debbano cercare altre strade, perché altre strade non ce ne sono. I lavoratori, in generale, non devono procedere a colpi di sentenze o per petizioni. Possono farlo solo a patto che simili espedienti siano presi per quello che sono: effetti collaterali e secondari della lotta di classe. L’asse centrale dell’attività sindacale deve essere la mobilitazione, con la forza della quale strappare ai padroni diritti e contratti. Più ci si attarda ad appellarsi ai tribunali, più le vittorie legali si tradurranno nelle fabbriche in sconfitte per i lavoratori. La vicenda della ex Bertone ne è un primo segnale inquietante.

Quali sono gli errori dei delegati della ex Bertone? Per loro la Fiat deve assumersi la responsabilità dell’investimento, non scaricarla sui lavoratori. Eppure, scaricando la responsabilità dell’investimento sulle scelte dei lavoratori, la Fiat non dimostra affatto di non sapersela assumere, al contrario dimostra perfettamente di sapersela assumere nell’unica maniera in cui sanno assumersela i padroni. Scaricare sui suoi dipendenti la responsabilità dell’investimento, è l’indice della forza della Fiat. Rimpallarlo alla Fiat come hanno fatto i nostri delegati, è invece l’indice della loro debolezza. Che i lavoratori siano più deboli dei padroni è ovvio, ma compito dei delegati è infondere più forza e coraggio possibile a chi rappresentano, non ritrasmettere moltiplicata la loro paura. È in questi momenti che si vede il valore di un delegato, è lì che deve dimostrare di essere un capo all’altezza dei lavoratori. Purtroppo, alla ex Bertone, ci saranno anche 10 delegati della Fiom su 16, ma ci sono solo 16 gregari e nessun capo. I lavoratori, per loro disgrazia, non hanno alcun leader.
Non si può però addossar tutta la colpa ai 10 delegati della Fiom, senza capire che la loro capitolazione ai diktat di Marchionne non è che il riflesso di un comitato centrale che invece di partire all’attacco, è ancora attardato nelle secche delle aule di tribunale. Alla ex Bertone non abbiamo leader, ma non possiamo averceli se forse non li abbiamo nemmeno ai piani superiori della Fiom. Anche se fa male ammetterlo, forse bisogna prendere atto che la mano tesa di Landini alle RSU dimissionarie della ex Bertone, è l’abbraccio tra dirigenti della stessa pasta. Infatti, ai padroni va bene perdere nei tribunali, purché vincano dove conta, nelle fabbriche. E a tutt’oggi, la Fiom non è stata in grado di dare ancora alcuno sbocco alla lotta contro Marchionne e il suo modello. Dunque, dietro la capitolazione dei delegati della ex Bertone, ci sta la sostanziale accettazione di una sconfitta dei dirigenti della Fiom.

Per battere Marchionne ci vuole ben altro che i tribunali. Bisogna mettere in campo tutto il potenziale di lotta dei metalmeccanici, senza dividerli fabbrica per fabbrica e unendoli quando è possibile attraverso l’alleanza di tutte le sigle sindacali disposte a battersi contro l’amministratore della Fiat. La Fiom è ancora molto lontana da questa posizione. Infatti, mentre festeggia con un volantino le sue nove vittorie di carta, alla fine, invece di rivolgersi a sinistra verso i sindacati di base per una comune lotta, si appella a Fim, Uilm e Federmeccanica, per definire, come cosa prioritaria, «regole cogenti sulla rappresentanza e sulla democrazia capaci di impedire la pratica degli accordi separati». Appellarsi a chi ha smantellato la rappresentanza per definire regole sulla rappresentanza, è come chiedere al lupo, che si è divorato Cappuccetto Rosso, di restituirlo!
I Cappuccetti rossi che guidano la Fiom non devono appellarsi a Fim e Uilm, tanto meno a Federmeccanica, ma appoggiarsi esclusivamente sui lavoratori.
Le nuove regole saranno stabilite dalla vecchia lotta di classe, quando la Fiom si deciderà a guidarla fuori dai tribunali. In caso contrario, tutte le sentenze di questo mondo, sanciranno solo l’ennesima sconfitta a tavolino della Fiom e della classe operaia.

Stazione dei Celti, Maggio 2011

dal sito  http://bentornatabandierarossa.blogspot.com/

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