Diari di Cineclub

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venerdì 25 marzo 2011



                                                   
                     FACCIAMO COME IL NORD-AFRICA...

                                     Intervista a Marco Ferrando
           portavoce nazionale del PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
                                                                    



D- Ferrando, qual è la vostra proposta?

R- Una mobilitazione straordinaria contro il Governo reazionario. Siamo in una situazione in cui il Governo è privo di una formale maggioranza politica retto da un sultanato che domina un parlamento di nominati, a sua volta eletto con una legge elettorale truffaldina e privo di un’opposizione adeguata a fronteggiare quel carattere reazionario con la giusta determinazione.
Noi pensiamo che questa situazione di stallo si possa superare attraverso un’iniziativa di mobilitazione dal basso, di grandi masse, che facciano pesare sul piatto della bilancia il peso della propria forza e della propria determinazione.

D- Come in Tunisia e in Egitto?

R-Esatto, come sta avvenendo in questi due paesi dove le grandi mobilitazioni popolari sono riuscite a sconfiggere la violenza del potere e ad aprire dal basso una pagina nuova.

D- La violenza è solo del potere?

R- La violenza è del potere come si è visto in queste vicende, in Tunisia hanno fatto 200 morti, in Egitto 300, e ciò nonostante queste brutalità poliziesche non sono riuscite a bloccare o intimidire la volontà popolare perché quelle masse si sono scrollate di dosso la paura, grande fattore di conservazione dell’ordine sociale. Quando grandi masse perdono la paura e anche l’abitudine alla rassegnazione come destino civico, si possono anche fare 300 morti ma non si arresta una rivoluzione sociale come dimostra l’esperienza Nordafricana.

D- Questo è possibile anche in Italia?

R- Noi pensiamo di sì, che a fronte della crisi sociale che sta attraversando il Paese sia possibile fare un salto di mobilitazione popolare nella prospettiva di una rivoluzione sociale. In Italia come in tutto l’Occidente.

D- In Italia da dove può partire la rivoluzione? Dal Pd?

R- Queste sono forze che, come dichiarano loro stesse, sono legate alla conservazione di questo ordine di società, anzi intrattengono ottime relazioni con il mondo delle banche, di Confindustria, con i poteri forti, con le gerarchie ecclesiastiche. Cercano di sottrarre a Berlusconi i favori di queste classi dirigenti per tornare al Governo in nome di quelle classi dirigenti che per altro hanno sostenuto fino a ieri i Governi di centro sinistra coninvolgendoli nelle peggiori polemiche antioperaie.
Secondo noi una prospettiva anticapitalistica e rivoluzionaria può partire da una sinistra che recuperi la piena autonomia e alternatività dal centro destra berlusconiano che è il primo nemico da battere ma anche da centro sinistra.

D- I comunisti non sono morti tutti allora.

R- I comunisti, non quelli che Berlusconi vede ovunque anche nelle sedi più improprie e improbabili, ma quelli veri, che vogliono recuperare quel programma di rivoluzione sociale e anticapitalistica su cui il Comunismo nacque. Non è nato semplicemente intorno a una politica di difesa della pensione, del salario e del posto di lavoro, questa è la base di partenza e purtroppo oggi le sinistre non svolgono neanche questo mestiere perché si compromettono con le classi dominanti: i Comunisti legano queste lotte alle messa in discussione della struttura della società in cui il potere non sia nella mani di una piccola minoranza che esercita una dittatura sulla maggioranza del lavoro salariato e delle classi subalterne.

D- Al fianco dei lavoratori adesso c’è la Cgil, no?

R- La Cgil ha un merito e un demerito: il merito in questa stagione di opporsi formalmente alle politiche governative padronali, ma ha il demerito di non portare fino in fondo questa opposizione mobilitando fino in fondo la forza del movimento operaio popolare.
Lo sciopero generale del 6 maggio di quattro ore convocato due mesi prima è la dimostrazione di un dissenso timidamente impotente: noi parteciperemo e inviteremo tutti a farlo, ma è indubbio che non modificherà neanche di una virgola i rapporti di forza tra le classi.

D- Qual è l’alternativa?

R- Bisogna arrivare a superare la soglia di testimonianza delle buone ragioni, investendo le buone ragioni in un’azione di forza che miri a vincere. Il problema non è partecipare ma vincere.


D- Siete davvero convinti che sia possibile una rivoluzione in Italia?

R- Fino a pochi mesi fa tutti pensavano che fosse impossibile in Tunisia e in Egitto, persino coloro che l’hanno fatta. Se a un giovane qualunque poco tempo fa si fosse chiesto se fosse possibile una rivoluzione contro il potere centrale avrebbe sollecitato un ricovero d’urgenza per l’intervistatore.
Come sempre queste rivoluzioni sorprendono anche chi le fa.

D- Secondo voi è davvero possibile dunque.

R- Il punto è che oltre una certa soglia di sopportazione sociale arriva la classica goccia che fa traboccare il vaso sviluppando una dinamica radicale. Non solo è possibile, ma necessario perché volendo essere realisti non esiste altra possibilità concreta di modificare l’ordine delle cose. Tutti quelli che ci dicono «Voi siete irrealisti», in realtà dimostrano il più totale irrealismo perché ormai è consolidato che con metodi di carattere ordinario, tradizionali, non si fronteggia una situazione politica straordinaria.

Intervista di F.M. del "Parma Daily"-24 marzo 2011

dal sito      http://www.parmadaily.it/Default.aspx

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