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lunedì 18 marzo 2013

SE IL M5S SI SPACCA LE CONSEGUENZE LE TRAGGANO GRILLO E CASALEGGIO di Fabrizio Tringali




SE IL M5S SI SPACCA LE CONSEGUENZE LE TRAGGANO GRILLO E CASALEGGIO
di Fabrizio Tringali

Scrivevo lo scorso 26 febbraio, all'indomani delle elezioni politiche che hanno sancito la mancanza di una chiara maggioranza di centrosinistra al Senato: "cercheranno di imbarcare il M5S. Non tutto, ovviamente, ma proveranno a spaccarlo e a tirar dentro 20 senatori a sostegno di un governo pro-euro supino di fronte ai diktat di Bruxelles e Francoforte."


 Detto e fatto. La votazione di ieri per la presidenza del Senato può essere il prologo alla formazione di un governo europeista ancora più distruttivo dell'esecutivo guidato da Monti.
Vediamo perché: per governare, il centrosinistra non ha problemi alla Camera, grazie alla colossale maggioranza regalatagli dalla legge elettorale “porcata”, ma non raggiunge la maggioranza al Senato. Per averla, occorrono circa 160 senatori, ma Bersani ne ha solo 123, ai quali può facilmente aggiungere i 19 della lista Monti, arrivando così a 142.
Ne mancano altri 15-20, appunto quelli cui facevamo riferimento nel nostro precedente articolo.
Questa era la situazione fino a ieri.

Cosa è accaduto durante il voto per la presidenza del Senato?
E' successo che Pietro Grasso, candidato di centrosinistra, abbia vinto l'elezione ottenendo ben  12 voti in più al numero dei senatori del centrosinistra presenti in Aula. Schifani, candidato del PDL, ha preso, giusti giusti, i voti del centrodestra e della Lega, quindi i voti a Grasso sono arrivati da senatori appartenenti ai due gruppi che avevano deciso di inserire nell'urna la scheda bianca: Lista Civica di Monti e M5S.
Apparentemente il gruppo di Monti sembra più compatto, se non altro perché i suoi senatori non avevano motivi di dar “segnali” al centrosinistra, essendo già noto che sono pronti all'accordo di governo.
Diverso è il discorso sul M5S. Se alcuni senatori avevano in mente di accomodarsi in braccio a Bersani, non vi era miglior gesto da fare che votare un candidato di centrosinistra in una elezione a scrutinio segreto come quella per il presidente del Senato.
Poiché i senatori del M5S sono 54, e le schede bianche sono state 52, almeno un paio di eletti del M5S ha fatto proprio questo, votando Grasso. Probabilmente a farlo sono stati più di due (il che la dice lunga, purtroppo, su quanto fosse effettivamente chiara la posizione di opposizione alla casta all'interno del M5S).
Grillo sta già tuonando contro di loro sul suo blog.
Ora, se i senatori del M5S pronti a cambiare casacca fossero più di dieci, essi potrebbero formare un gruppo autonomo al Senato, a sostegno del prossimo governo, con tutti i ritorni che ne conseguono in termini di incarichi, denari, spazi mediatici.
Vi sarebbe poi un probabile effetto “trascinamento” su altri senatori M5S o PDL, e la fatidica quota di 158-160 senatori, necessaria per formare l'esecutivo, si potrebbe raggiungere facilmente.

Se uno scenario del genere dovesse concretizzarsi, i primi a trarne le conseguenze dovrebbero essere Grillo e Casaleggio. Un tale esito era infatti facilmente prevedibile, dati i punti deboli del movimento che abbiamo sempre criticato: ambiguità delle posizioni, soprattutto in materia di politica economica, e scarsa democrazia interna (senza la quale si finisce sempre per selezionare arrivisti e voltagabbana).
Se un numero cospicuo di eletti del M5S dovesse rendere possibile la nascita di un governo del PD e dei suoi alleati, ovviamente europeista e distruttivo, si tratterebbe di qualcosa di ben diverso dal “tradimento” di uno o due singoli: si certificherebbe il fallimento del tentativo di costruire una forza davvero capace di opporsi alla casta (è infatti inutile costruire soggetti politici che di fronte alle scelte determinanti si spaccano e garantiscono la sopravvivenza di quelli che dovrebbero essere gli avversari)
In uno scenario simile, ad uscire definitivamente dal M5S dovrebbero essere sia Grillo che Casaleggio, aprendo una fase di discussione, confronto e costruzione di un soggetto politico di alternativa davvero chiaro nei contenuti e nelle proposte, e internamente organizzato in modo partecipativo, aperto, trasparente e svincolato da qualsiasi padre fondatore, padrone o nume tutelare.


17 marzo 2013


dal sito MAIN STREAM



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