Diari di Cineclub

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mercoledì 14 dicembre 2011

FUORI I FASCISTI DAL SISTEMA SOLARE!



La foto che vedete rappresenta un'iniziativa contro il degrado organizzata da Casapound. In mezzo ai ragazzotti con le teste (di cazzo) rasate c'è un tizio di mezz'età, coi pantaloni bianchi e una polo azzurra. Si tratta di Casseri Gianluca, da Cireglio (Pistoia). Quello che qualche volta frequentava Casapound e dal quale, oggi, i suoi "camerati" si affrettano a prendere le distanze; comodissimo prenderle, dato che è morto. Per riavvicinarle, andiamo a vedere invece che cosa scriveva il Casseri,  e sempre, toh, sull'Ideodromo di Casapound. Oggi gli danno del "pazzo", ed è naturale; evidentemente, però, non era così pazzo quando ripuliva il degrado e quando scriveva articoli. Dichiara un  senegalese di Firenze:

"Non diteci che era un pazzo. Un pazzo avrebbe ucciso sia bianchi che neri."

 Ecco una frase, semplicissima, che seppellisce ogni tentativo di fuga strumentale dalla realtà dei fatti. Altro che "simpatizzante", altro che "frequentatore saltuario"; il Casseri era più che attivo presso la sede pistoiese del gruppo neofascista, come puntualizzano gli Anarchici Pistoiesi , che ben lo conoscevano. Nient'altro che un fascista. Niente di più e niente di meno di un fascista e di un razzista assassino.

Ci sono alcuni che, non senza ragione, affermano " che tutti parlano dell'omicida, e nessuno parla delle vittime ". Ecco, vorrei rispondere che, oggi, parlare delle vittime significa e deve significare soprattutto parlare del loro assassino. Significa parlare, compiutamente, di ciò che ha prodotto quell'assassino e gli ha armato la mano. Significa non ridurre questa cosa ad un pur interessante "spunto di riflessione", ad "intelligenti osservazioni" e a quant'altro; non s'ha da fare accademia, qui, ma da fronteggiare gente che spara. In quale altro modo si dovrebbe "parlare delle vittime"? Esprimere loro "solidarietà"? Che abbiamo una volta per tutte il coraggio di dire che, la "solidarietà", se la friggono in padella. Sia coloro che sono morti, sia coloro che sono stati feriti gravemente e che rischiano la paralisi permanente. Certo, possiamo "pensare alle loro famiglie" (oplà, pensato, ecco fatto e ci siamo levati il pensiero di pensarci), possiamo cercare di immaginarci le loro vite e le loro storie (delle quali fingiamo di interessarci tre minuti soltanto quando vengono ammazzati come cani da un fascista di merda), possiamo sciorinare tutto l'armamentario usuale.

Io, invece, ritengo che parlare delle vittime, e non soltanto di Samb Modou, di Diop Mor, di Sougou Mor, di Mbenge Cheike e di Mustafa Dieng, consista in poche parole e in molti fatti. Che dietro un Casseri ci siano delle idee ben precise e un ambito culturale determinato è come scoprire l'acqua calda; anche perché quelle idee e quell'ambito culturale hanno ricevuto, specialmente in questi ultimi anni, spazio, propaganda, finanziamenti pubblici e privati. Non si tratta di idee e di ambiti culturali di misteriose sette iniziatiche, ma di gruppi e personaggi ben noti. Ed è assolutamente certo che esista un rapporto tra quelle idee e ciò che Casseri ha fatto. Solo che non si deve fermarsi all'analisi, sia pur approfondita, di quel rapporto peraltro chiarissimo e documentabile agevolmente da chiunque, se volesse. Perché, mentre ferve la discussione, mentre si moltiplicano gli spunti di riflessione e mentre si analizza tutto l'analizzabile per addivenire alla strabiliante conclusione che un fascista razzista nutrito di razzismo e fascismo (con annessi e connessi, certo, per carità) possa dar pratico luogo a quelle idee che non ammazzano di per sé, qualche nuovo Breivik e qualche nuovo Casseri si stanno già esercitando al tiro e hanno magari già acquistato una 357 Magnum.

Ecco, "parlare delle vittime" significa prendere tutti in considerazione, seriamente, di non limitarsi più a fare filosofia. Avere finalmente un po' di sana capacità, naturalmente senza mai perdere lo spirito critico e di osservazione, di ricondurre i fatti a certi princìpi basilari, perché più li abbiamo persi di vista (o addirittura rifiutati in nome di sterili arzigogoli nei quali ci è piaciuto tanto impantanarci), e più quelli sono andati avanti indisturbati. Principio numero 1: il "rapporto" che c'è tra certe idee e ambienti culturali e il Casseri che spara ai senegalesi si chiama nazifascismo, e la sua "dimostrazione pratica" ci è offerta da qualsiasi manuale di storia. Principio numero 2: Qualsiasi tolleranza, indulgenza o sostegno alla pur minima espressione razzista, da parte di chiunque, è da ricondursi automaticamente al Principio numero 1. Si tratta di minimi termini, e tutto il resto vi rientra dentro. Vi rientrano dentro Auschwitz e il Casseri. Oriana Fallaci e Heydrich. Andreas Behring Breivik e Casapound. Monsignor Alois Stepinac e i ragazzotti torinesi. Eugène Terre Blanche e Ponticelli. La "Difesa della Razza" e i pogrom contro i Rom, nella Germania nazista come a Ascoli Piceno. "Libero" e il "Völkischer Beobachter".

Non esiste nessun altro modo per parlare davvero delle vittime, di quei due ragazzi stesi sul selciato a Firenze e di tutte le altre che sono state dimenticate dopo due giorni. Cacciare via i fascisti, per sempre, ma non semplicemente dalle nostre città. Cacciarli via dal sistema solare, non avessimo a ritrovarceli su Marte come nel Caso Scafroglia. Fuori dai coglioni loro e chiunque li sostiene e permette loro di agire indisturbati. Basta con la "Resistenza", ché a forza di "ora e sempre" è inesorabilmente scivolata nell'ieri e nel mai. Non bisogna più "resistere", bisogna andare all'attacco. Da subito. Paura? Se la avete, allora fatevi la vostra vita tanto tranquilla e andate a fare gli acquisti natalizi, che so io, al mercatino di Piazza Dalmazia.

Pubblicato da Venturik a 23:35:00 - 13 dicembre 2011 



I' BREIVICCHE


Da piazza Dalmazia ci passo una volta al giorno, come tutti i fiorentini. Al mercato di San Lorenzo ci ero sabato scorso a comprarmi una camicia a poco prezzo. San Lorenzo, quello del degrado, dell'insihurezza e degli abusivi; quello dei quadrilateri della paura tanto amati dalla Nazione, da Repubblica e dall'altra carta da culo quotidiana di questa città. Leggo qua e là, altrove, che non bisognerebbe "cavalcare l'episodio di cronaca" e altre cose del genere, ma questo non è un "episodio di cronaca". Quello che è successo oggi a Firenze è il risultato perfetto di anni e anni di odio, di razzismo, di gruzzoletti e di carriere guadagnati attizzando in tutti i modi possibili gli istinti più bassi e più beceri e più stupidi della cosiddetta gente. E' il risultato dei "reportages", dei "comitati dei cittadini", delle leghe, delle fiaccolate, delle legalità e di quant'altro. Eccocelo qua, finalmente, il nostro Breivik: Gianluca Casseri, da Pistoia, "tipo solitario", fascista simpatizzante di Casapound, descritto come "intellettuale"; eccocelo qua il vero figlio spirituale della illustre concittadina Fallaci Oriana, quella cui vogliono dedicare una via. Eccome che ci cavalco sopra, in piena coscienza e ancor più piena rabbia. Senza nessuna remora. Senza nessun ripensamento. In questi frangenti, "cavalcare" dev'essere ricondotto ad una funzione assai elementare: quella di salvare delle vite umane. Nulla mi convince che non ce ne siano pronti molti altri, di Breivik o di Casseri. Sono stati nutriti, ingrassati di odio razziale, blanditi; è stata data loro voce. E' stato permesso divulgare ogni giorno tonnellate di menzogne e di veleni. Sono stati costruiti facilissimi consensi con le ordinanze, con i sindaci e gli assessori sceriffi, con gli sgomberi. Il Casseri da Pistoia, i' Breivìcche, ha sublimato tutto questo. Ora ci stiamo accorgendo a cosa siamo arrivati; a uno che, una mattina vicino a Natale, con tutti gli addobbi, impugna un'arma e compie un raid di morte, a casaccio. Ammazza e ferisce persone per il solo fatto che sono di un altro colore. Ci piaceva tanto pensare che fossero cose lontane, ci piaceva pensare al Ku-Klux-Klan; e invece ora abbiamo un cammino diritto che ci lega all'isola di Utøya. Contenti? Soddisfatti? Probabilmente parecchi lo saranno pure. Non rimarrei esterrefatto se qualcuno, stasera, davanti alla pastasciutta e alla televisione giustificasse il Casseri, e forse addirittura gli alzasse un bicchiere; e non importa certo che sia un adepto dello Stormfront, un nazista, e nemmeno un simpatizzante di Casapound.

Tempo fa ero su un autobus strapieno. C'era la Coop di quartiere chiusa, e la direzione aveva organizzato una navetta per il supermercato aperto più vicino. Nei pressi di quest'ultimo passò una ragazza rom con in braccio un bambino piccolo; stava semplicemente camminando per una strada. Come la videro, alcuni bravi passeggeri, ometti, signore anziane, non si peritarono nemmeno un attimo di invitare l'autista dell'autobus, a voce alta, di schiacciare madre e figlio. "Passa a diritto sulla zìngana!"; e giù risate. Tra di loro e il Casseri c'è una sola differenza, almeno finora: il Casseri ha preso la pistola e ha sparato. Ha individuato i nemici della razza. Quelli che rubano il lavoro, perché tutti noi -è notorio- andremmo a vendere stracci nei mercatini. Ha dietro di sé un retroterra ben preciso. E' quindi necessario "cavalcare", e farlo in modo deciso. Tirarsi indietro in nome di chissà quale correttezza, nascondersi dietro i soliti stupidi non bisogna generalizzare, ora come ora è da soavi vigliacchetti da quattro soldi. Così come lo è dedicarsi alle solite "analisi", alle originalità, agli sdegnosi silenzi, al parlare ostentatamente d'altro. Torino pochi giorni fa, Firenze oggi; ripeto, questa non è più "cronaca"; questa è la quotidianità di ciò che è stato fatto diventare questo paese. Non è "follia", come peraltro verrà certamente presentata perché il "pazzo" rassicura. Breivik non è pazzo. Il Casseri non è pazzo. Sono persone che sono passate conseguentemente all'azione. Sono persone che hanno ricevuto tutti gli strumenti, teorici e pratici, per passarvi. Ed è inutile che, ad esempio, i signorini di Casapound si scherniscano dichiarando di non essere soliti chiedere a nessuno il certificato di sanità mentale. Prima di tutto perché un simile "certificato" non esiste, e poi perché sono tra quelli -assieme a tanti altri- che forniscono tutto l'humus richiesto.

E' una giornata nera questa Santa Lucia, per Firenze. Nera in tutti i sensi. Nera la pelle delle vittime innocenti del primo raid razzista pianificato e portato a termine con lucidità. Nero il suo autore. E nera la coscienza di tutti, nessuno escluso. Nera quella di chi è precipitato nell'odio razziale anche conversando al bar o dal pizzicagnolo. Nera quella di chi ha fomentato tutto questo. Nera quella di chi ha lasciato perdere, per motivi che vanno dal "quieto vivere" all'opportunismo, dal voltarsi dall'altra parte al sostegno più o meno aperto. E nera anche quella di chi non si è opposto abbastanza, preferendo magari gettarsi in sterili "discussioni", in "dibattiti", in sofismi tanto "documentati" o "argomentati". Nerissima quella dei "io non sono razzista, però..." E' il momento di dire basta, perché i Breivik e i Casseri non indietreggiano; sono pronti a tutto. Anche a spararti se ti metti nel mezzo, come è successo stamani all'edicolante di Piazza Dalmazia: "fossi in te ci penserei", o qualcosa del genere, gli ha detto puntandogli addosso la pistola. Da oggi, da subito, cominciamo a smantellare tutto questo. Non permettiamo più che prosperi, ma per non permetterlo non si può più invocare pace e bene; per queste cose abbiamo perso definitivamente il treno, consentendo che diventassero soltanto un comodo rifugio per tenersi al riparo con la coscienza pulita. Non sono tempi gentili, e non si può essere gentili. Bisogna segare alle gambe questa gente, e segarla definitivamente. Non si può più sottostare ai fabbricanti di Breivik, di ragazzotti torinesi e di Casseri, perché questi bruciano e ammazzano in mezzo a tutti noi. E basta anche dare la colpa alla "crisi", perché non c'entra un cazzo di niente; quei ragazzi che muoiono nei nostri mercatini vengono da paesi dove non c'è nemmeno da mangiare, generalmente.

Altrimenti, non c'è che da aspettare il prossimo Casseri Gianluca, da Pistoia. Figlio dell'odio, della paura fabbricata in serie, del capitalismo, del lezzume politicante e giornalistico, e dell'indifferenza. Attenti a andare al bar e a commentare, magari, con un "sì, era pazzo, però..."; ne potrebbe entrare un altro, mentre si reca al mercatino dietro casa a ripulire il mondo dai nemici che gli hanno offerto per il loro lurido gioco. E non venitemi a dire, ora, che li "piangete", quei ragazzi senegalesi senza nome; non li "piangete" affatto come non avreste pianto gli zingari di Torino, se il raid fosse andato davvero a buon fine: "Ma ci sono bambini! E che importa...bruciamo anche loro!". Il Casseri, fascista di merda, il nome ce l'ha avuto immediatamente. I nomi di chi l'ha prodotto li sappiamo benissimo. Le sedi di Casapound sono state aperte coi soldi pubblici, magari di quegli stessi Comuni che smantellano i servizi essenziali. Nel frattempo, i giornaletti schifosi e servili continuano a chiamare quei ragazzi vu' cumprà, a questo punto potrebbero chiamarli tranquillamente vu' crepà. E le "forze dell'ordine" che fanno? Non vanno mica a perquisire le tane di quei ratti, caricano il corteo dei senegalesi disperati e furenti.   E il "prefetto", cosa fa? Se la prende coi "centri sociali che fomentano" . Capito? Già annuncia l'ennesima stretta repressiva. E la magistratura? Manda a processo delle persone accusandole di avere fatto fare a una sede di Casapound la fine che merita. Fatto successo alcun tempo fa, e a Pistoia. La città d' i' Breivìcche. Tout se tient.



Pubblicato da Venturik a 17:44:00 - 13 dicembre 2011

dal sito http://ekbloggethi.blogspot.com/

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