venerdì 20 gennaio 2012
SUL MOVIMENTO DEI FORCONI IN SICILIA di Marco Ferrando
SUL MOVIMENTO DEI FORCONI IN SICILIA
PER UN METODO D'APPROCCIO MARXISTA RIVOLUZIONARIO
di Marco Ferrando
La crisi del movimento operaio e la pressione sociale della crisi capitalista concorrono, nel loro intreccio, ad allargare il campo d'azione delle classi medie e a favorire un egemonia reazionaria su di esse. E' una dinamica cui stiamo assistendo sul piano nazionale in risposta alle “liberalizzazioni” capitaliste. E' una dinamica che può assumere espressioni diverse e più radicali nel Sud e nelle isole, sullo sfondo di una situazione sociale particolarmente drammatica. La mobilitazione dei pastori e dei commercianti in Sardegna nel 2011, l'attuale “movimento dei forconi” in Sicilia rappresentano al riguardo due esempi diversi e significativi . L'essenziale per i rivoluzionari è non perdere la bussola. Evitando due errori simmetricamente opposti: quello di mettersi alla coda delle classi medie e delle loro leaderschip, sull'onda emotiva della indistinta “rivolta”, o quello di attestarsi su una posizione di disinteresse passivo per lo scontro in atto, nel nome del carattere piccolo borghese e non proletario delle mobilitazioni. La linea del marxismo rivoluzionario non può essere né subalterna, né puramente “sindacalista”: deve saper combinare l'autonomia irrinunciabile delle ragioni di classe e del programma comunista, con la logica dell'egemonia proletaria sugli strati inferiori delle classi medie in funzione della rivoluzione socialista. Combinare queste due istanze è sempre molto complesso. Ma complessa è per l'appunto la politica rivoluzionaria. Tanto più per un piccolo partito come il nostro.
LA NATURA DI CLASSE DEL “MOVIMENTO DEI FORCONI”
Partiamo dall'analisi del movimento in atto in Sicilia: della sua natura sociale, dell'economia dei rapporti politici al suo interno, della sua dinamica.
Il “movimento dei forconi” in Sicilia è nato come movimento piccolo borghese. Alla sua testa sono classi proprietarie della città e della campagna ( padroncini dell'autotrasporto, piccola proprietà contadina, pescatori ..). Naturalmente all'interno di questi ceti proprietari vi è una rilevante stratificazione sociale: diverso è lo status del padrone di una piccola flotta di pescherecci e quello del padrone di una piccola imbarcazione, tra un agricoltore facoltoso e il proprietario di un piccolo appezzamento, tra chi sfrutta lavoratori salariati e chi no.
Le ragioni sociali del movimento si riassumono nell'impoverimento legato alla crisi drammatica dell'isola entro la più generale crisi capitalista: crollo dei commerci, aumento del prezzo della benzina, peso “insopportabile” dei mutui bancari, chiusura dei canali di credito, aumento della pressione fiscale, crisi del sostegno clientelare del governo regionale e dei margini tradizionali di scambio politico/ elettorale con i partiti al potere.
Le sue rivendicazioni egemoni sono quelle classiche della piccola borghesia impoverita: riduzione delle tasse ( IVA), ripresa delle facilitazioni regionali promesse ( e in tempi di crisi “tradite”), ripresa del credito.
Il suo linguaggio è segnato dalla contrapposizione apparente alle classi dirigenti nazionali e isolane nel nome della denuncia della “classe politica” e della rivolta contro di essa.
I suoi metodi sono quelli dell'azione diretta: a partire dal blocco delle vie di comunicazione e delle ferrovie.
In questo contesto hanno trovato una collocazione naturale e un ruolo di direzione organizzazioni, associazioni, soggetti politici o parapolitici reazionari: il partito di Zamparini ( padrone del Palermo), il giro di Morsello a Marsala ( allevatore, ex assessore socialista poi apparentato con Lombardo, oggi tra gli sponsor di Roberto Fiore), il cosiddetto “partito delle aziende”, settori del MPA , e persino forze fasciste come Forza Nuova: che sta investendo nazionalmente questa esperienza come fattore di propria costruzione. Insomma: le forze politiche della reazione, in concorrenza tra loro, si disputano l'egemonia sul blocco delle classi medie, che sono la loro storica base sociale.
IL PCL NON E' PARTE DI QUESTO MOVIMENTO
Il nostro partito ha scelto di non essere parte di QUESTO movimento, nei suoi assetti e composizione originaria . Il fatto che ad esso abbiano aderito qua o là elementi o gruppi di sinistra ( come nel caso di un paio di centri sociali palermitani) non muta di per sé la natura del movimento dei forconi. Semmai misura lo stato di disorientamento e confusione a sinistra.
C'è una differenza importante col movimento dei pastori sardi del 2011. Quel movimento dei pastori entrò nel varco aperto dalle lotte operaie della Sardegna ( Alcoa, Eurallumina, Polo chimico) dentro la dinamica di un possibile blocco sociale alternativo ( cui si contrapposero non a caso le direzioni piccolo borghesi del movimento dei pastori). In Sicilia il movimento dei forconi si è levato dopo la drammatica sconfitta del movimento operaio isolano e sullo sfondo di una sua sostanziale passività.
Il fatto che un blocco politico e sociale reazionario cerchi di dare la PROPRIA traduzione di classe al disagio sociale della popolazione siciliana non solo non va rimosso ma dev'essere apertamente denunciato e contrastato. Va detta la verità: l'immobilità delle direzioni nazionali del movimento operaio e della sinistra di fronte alla crisi, la sconfitta del movimento operaio isolano ( Termini Imerese) per responsabilità preminenti delle sue direzioni, il peggiore trasformismo della tradizionale “sinistra” siciliana e dei suoi epigoni liberali ( PD), hanno aperto la strada a forze reazionarie. E' un classico dei tempi di crisi: se il movimento dei lavoratori non dà la propria soluzione alla crisi, sono le forze reazionarie che si candidano a farlo sul proprio versante di classe.
PER LA RIPRESA DEL MOVIMENTO DI CLASSE IN SICILIA
Ma proprio per questo il PCL non solo non può disimpegnarsi dall'intervenire sui temi sociali del movimento dei forconi, ma deve indicare la necessità di dare uno sbocco di classe e anticapitalista alla crisi sociale siciliana: che è l'unico modo di contrastare la deriva in corso, sottrarre i settori proletari al pericolo dell'egemonia reazionaria, ricomporre e favorire un ALTRO movimento, su un ALTRA prospettiva. Di più. Il nostro partito deve entrare nella frattura sociale prodotta dal movimento dei forconi per spingere all'azione altri soggetti popolari e di classe: soggetti sino ad oggi rimasti ai margini della scena ma il cui ingresso in campo potrebbe segnare una svolta decisiva per lo sviluppo e l'indirizzo della rivolta popolare.
Il primo terreno d'intervento è quello della ripresa di una mobilitazione indipendente dei lavoratori salariati della Sicilia, nel settore privato come nel settore pubblico e dei servizi. Senza una ripresa del movimento di classe ogni prospettiva alternativa è impossibile. Nel 1970 una grande rivolta popolare guidata dai fascisti di Ciccio Franco scosse Reggio Calabria. Fu l'avanzata del movimento operaio su scala nazionale e nel meridione a riassorbire l'urto ed ad affermare un egemonia alternativa del proletariato sulle domande popolari del Sud. E' una lezione che va recuperata. Tanto più in un contesto sociale e storico assai più difficile.
Va articolata una piattaforma di vertenza unificante che possa aggregare tutti i lavoratori, i precari, i disoccupati dell'isola. Una piattaforma che parta dall'opposizione radicale ai tagli sociali del governo nazionale e regionale; rivendichi la difesa e ripartizione del lavoro, con la occupazione delle aziende che licenziano e il loro coordinamento regionale ( la mancata occupazione di Fiat Termini Imerese due anni fa ha pesato e pesa drammaticamente sul movimento operaio isolano e nazionale); rivendichi la difesa degli ospedali in via di smantellamento, con azioni di occupazione popolare delle strutture minacciate ( in Puglia nel 2004 la difesa popolare degli ospedali fu un formidabile traino di radicalizzazione di massa); faccia l'inventario ( città per città, paese per paese) delle spese pubbliche necessarie per risollevare la condizione dei servizi sociali dell'isola ( scuole, ferrovie, trasporti regionali, asili, servizio idrico, assetto geologico del territorio) definendo a questo scopo un grande piano di opere sociali che possa dare lavoro ai disoccupati siciliani, e che sia pagato dalle grandi ricchezze; rivendichi l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari e un vero salario sociale per i disoccupati in cerca di lavoro...(Il documento congressuale nazionale offre molti spunti possibili per l'articolazione di una proposta rivendicativa e di mobilitazione per il Sud e le isole. Le nostre sezioni siciliane, che già intervengono su molti fronti, possono fare un lavoro prezioso di elaborazione al riguardo).
Questa proposta rivendicativa, una volta definita, va avanzata formalmente a tutte le sinistre isolane ( politiche, sindacali, di movimento) come terreno di fronte unico d'azione. E in ogni caso va assunta come nostro strumento di intervento in ogni situazione possibile ( luoghi di lavoro, comitati territoriali, strutture di movimento...) e come oggetto di nostra presentazione pubblica ( conferenze stampa, campagne elettorali..). Si tratta di articolare la nostra campagna sull'asse della nostra politica generale: solo una prospettiva rivoluzionaria, solo un governo dei lavoratori può realizzare un programma di vera svolta per gli sfruttati.
SOSTENERE E GENERALIZZARE L'INGRESSO IN LOTTA DEGLI STUDENTI SICILIANI
Parallelamente dobbiamo sviluppare un nostro intervento diretto tra gli studenti e i giovani. E' oggi una questione centrale. La prima irruzione di lotta - in queste ore- di significativi settori studenteschi in tutta la Sicilia PUO' essere il segno d'avvio di una svolta di eccezionale importanza per la dinamica del movimento, tanto più se combinata con la defezione di alcuni settori padronali dell'autotrasporto. Dobbiamo entrare con tutte le nostre forze in questa contraddizione nuova, inserendoci a fondo nel movimento studentesco, sostenendo l'indicazione della occupazione generale delle scuole ( già emersa in alcuni settori di studenti), e avanzando le nostre parole d'ordine indipendenti: a partire dalla rivendicazione di un piano di rinascita della scuola siciliana contro i tagli delle finanziarie nazionali e locali, finanziato dal rifiuto del debito pubblico verso le banche ( “Fondi alle scuole non ai banchieri!”). Questo intervento tra gli studenti può essere un ponte prezioso per l'intervento sul mondo del lavoro. Infatti proprio l'intervento tra gli studenti in lotta ci consente di immettere nel movimento la nostra proposta generale di vertenza generale unificante tra lavoratori, studenti ,disoccupati, nella prospettiva di un cambio di pelle della rivolta siciliana, e dunque di un cambio di egemonia sociale sulla rivolta.
PER UN INTERVENTO ANTICAPITALISTA SULLA CRISI SOCIALE DELLA PICCOLA BORGHESIA
In questo quadro generale dobbiamo anche dire che il movimento operaio (e studentesco) siciliano non deve limitarsi alla difesa delle proprie ragioni sociali. Deve cercare di offrire una risposta generale alla crisi più vasta della popolazione povera della Sicilia, e della stessa piccola borghesia isolana, fornendole una sponda politica e sociale alternativa.
Questo è un punto importante della nostra politica. Non siamo sindacalisti, siamo comunisti. Non ci limitiamo alla difesa immediata dei salariati. Li vogliamo alla testa di un blocco sociale alternativo in funzione della rivoluzione socialista. Ciò che significa dare una risposta rivoluzionaria a tutte le forme di oppressione sociale: anche a quelle vissute dagli strati inferiori delle classi medie. E' l'impostazione che Trotsky rivendica nel programma di Transizione ( “Le sezioni della IV Internazionale devono elaborare..programmi di rivendicazioni transitorie per i contadini e la per la piccola borghesia cittadina, a seconda della condizione di ciascun paese. Gli operai avanzati devono imparare a dare risposte chiare e concrete agli interrogativi dei loro futuri alleati...” ). Ed è l'impostazione che è tanto più attuale nel momento della crisi capitalista, nel momento in cui la dittatura del capitale finanziario minaccia le stesse acquisizioni tradizionali della piccola borghesia, provocandone la disgregazione e disponendola a reazioni radicali.
La nostra proposta programmatica deve lavorare a condurre la piccola borghesia ad una conclusione di fondo: tutte le sue esigenze di fondo sono incompatibili con la preservazione del capitalismo in crisi. Non si tratta di recuperare vecchi privilegi contro i lavoratori ( magari in materia fiscale o contrattuale),o di illudersi di poter ripiegare in una dimensione separatista o “microeconomica”: perchè queste soluzioni, al di là di ogni illusione, lascerebbero i piccoli proprietari nelle grinfie del capitale finanziario e della sua crisi. Solo rompendo col capitale finanziario, in alleanza e sotto la direzione dei salariati, è possibile uscire dalla crisi.
Proprio i temi della crisi siciliana delle classi medie offrono uno spunto rilevante a questa impostazione.
Le banche prendono per il collo decine di migliaia di piccoli commercianti, artigiani, contadini, con tassi da usura, con affitti esorbitanti, con la negazione del credito. Solo la nazionalizzazione delle banche e la loro unificazione in un unica banca pubblica sotto controllo sociale può tagliare quel cappio, liberarli dai debiti contratti verso i banchieri, e assicurare loro il credito necessario.
I petrolieri, le grandi aziende agricole, le industrie alimentari, i centri della grande distribuzione- cui le banche non hanno mai rifiutato il credito e di cui spesso sono comproprietarie- impongono ai piccoli proprietari prezzi insostenibili , al solo scopo di incrementare i propri profitti. Solo la nazionalizzazione delle grandi imprese e della grande distribuzione può consentire un controllo popolare sulla stessa formazione dei prezzi, la definizione di prezzi amministrati, l'avvio di un economia democraticamente pianificata liberata dalle incognite ( e dalle angosce) del mercato.
Così in materia fiscale. Per decenni lo Stato borghese e le pubbliche amministrazioni hanno coperto e favorito l'evasione fiscale della piccola borghesia in funzione antiproletaria per ottenerne voti e favori. Oggi lo stesso Stato borghese accresce la pressione fiscale sulla piccola proprietà ( oltre che in primo luogo sul lavoro dipendente) per pagare gli interessi alle banche, cioè agli oppressori dei piccoli proprietari. I circoli reazionari propongono ai piccolo borghesi la nostalgia del privilegio della vecchia evasione antisociale. Al contrario, noi dobbiamo rivendicare l'abolizione del debito pubblico verso le banche ( attraverso la loro nazionalizzazione) come unica via di liberazione fiscale dei piccolo proprietari, chiamandoli a pagare regolarmente per una società liberata non per i banchieri strozzini.
Per tutto questo dobbiamo presentare l'alleanza sociale col mondo del lavoro come interesse stesso degli strati inferiori delle classi medie: perchè solo quel blocco sociale può rovesciare il capitale finanziario, i suoi governi, i suoi partiti, liberando la piccola borghesia impoverita dalla rovina.
Per questo dobbiamo apertamente CONTRAPPORCI alle leaderschip reazionarie del movimento dei forconi. Alle loro suggestioni ideologiche “piccolo proprietarie” ( la microeconomia), alle loro mitologie populiste ( la “Nazione” al di sopra delle classi), ai loro traffici sottotraccia coi governi nazionali o locali ( Lombardo) magari in vista delle prossime elezioni.
RIVOLUZIONE O REAZIONE
Queste considerazioni generali non rimuovono la necessità di un monitoraggio costante dell'evoluzione della situazione, ai fini del nostro intervento. Né risolvono i problemi pratici di scelta nelle situazioni locali. Semplicemente cercano di indicare un metodo complessivo cui fare riferimento.
Siamo oggi a un possibile snodo in Sicilia.
Noi abbiamo scelto di non accodarci al movimento piccolo borghese dei Forconi. E abbiamo fatto bene. Ma SE il “movimento dei forconi” dovesse fare obiettivamente da stura ad una reale sollevazione popolare dell'isola aprendo il varco all'irruzione sull'arena del mondo del lavoro e delle masse studentesche e giovanili, allora è evidente che ci troveremmo di fronte ad un ALTRO movimento e a un ALTRA dinamica. Noi lavoriamo esattamente per questa prospettiva.
Forza nuova sta agendo per fare del movimento dei Forconi la leva di una rivolta popolare reazionaria, in Sicilia, nel Sud, in Italia. Il PCL, nei limiti delle sue forze, lavora per la prospettiva esattamente opposta: entrare nel varco aperto dalla rivolta dei forconi in funzione della rivolta sociale contro la dittatura degli industriali e delle banche; della sua estensione e propagazione a partire dal meridione e dalle isole; dell'egemonia di classe e anticapitalista sulla rivolta popolare ; della prospettiva generale del governo dei lavoratori.
Di certo, al di là delle sue particolarità, la vicenda siciliana sta misurando il salto di qualità dello scontro sociale sullo sfondo di una drammatica crisi capitalista. E' l'avvisaglia dei tempi nuovi che si preparano. Reazione e rivoluzione torneranno a confrontarsi, come in tutte le epoche storiche di crisi. Le sinistre riformiste o centriste saranno costrette alla balbuzie. I comunisti rivoluzionari faranno sino in fondo il proprio dovere. Come oggi stanno facendo, egregiamente, i nostri compagni siciliani.
20 Gennaio 2012
dal sito http://www.pclavoratori.it/files/index.php
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Grande intervento e ottima analisi. Da darne la massima diffusione. Temo solo che le consuete contrapposizioni fra i partiti che occupano l'area comunista impedirà di seguire in modo unitario queste indicazioni di Ferrando, come invece sarebbe necessario. Riccardo Achilli
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